Makhno ‘Leaking works’

(Brigadisco Records/Wallace Records/Il Verso del Cinghiale Records/Neon Paralleli/Villa Inferno/Hysm? 2018)

Makhno è lo pseudonimo anarchico di Paolo Cantù, membro fondatore di band che negli ultimi trent’anni hanno segnato la storia della musica underground italiana (Tasaday, Afterhours, Six Minute War Madness, A Short Apnea, Uncode Duello). In questo one man show fa tutto, o quasi tutto, anarchicamente, lui: chitarre (spesso distortissime), basso, batteria, voci, drum machine, clarinetto, keyboards, nastri, elettronica, registrazione e mixaggio (anche se diversi cantanti collaborano ad alcuni dei brani). Affondando le su radici tra i Negazione e i Depeche Mode (almeno io ce li sento), l’espressività nichilistica, irridente e del tutto disincantata dei suoni-rumori delle otto tracce del disco si muove si rifà a elementi di techno, dark, punk, post-rock, noise ed elettronica industriale. La musica, così come le parole intenzionalmente velenose, è spesso violenta, arrabbiata, furiosa, spietata, ossessiva, a volte ipnotica. Musica mai calma, anche nei momenti meno brutali (come in Sunday Clouds: è proprio nelle voci tetre che a un certo punto compaiono in questo brano che riecheggiano i Depeche, che ritrovo anche in Attese). Musica da centro sociale occupatissimo con pogo esplosivo; oppure da ascolto silenzioso e assente, contemplativo, assorbito negli apocalittici e disillusi scenari suggeriti (anche da titoli come La Ragazza in Coma e Can the World be as Sad as it Seems?).

Voto: 6

Alessandro Bertinetto

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