Intervista con Vincent Borcard, direttore dello SMEM (Swiss Museum for Electronic Music Instruments)

Vagando per la rete, leggendo post e newsletter di musicisti che seguo da tempo sono arrivato al sito dello SMEM (Swiss Museum for Electronic Music Instruments), istituzione svizzera dedicata alla conservazione e utilizzo di un enorme collezione di strumenti musicali elettronici come sintetizzatori, organi, tastiere e tantissimo altro. Come ho fatto per il Museo del Synth Marchigiano, ho deciso di saperne di più e dopo una serie di mail, ho scambiato le mie consuete quattro chiacchiere digitali con Vincent Borcard, che mi ha raccontato che cos’è e come funziona questo incredibile museo. Prima di invitarvi alla lettura, desidero ringraziare Michela Maria Marconi, Sean Walton, e Filippo Focosi per avermi aiutato nella traduzione dall’inglese all’italiano. Come sempre a voi la lettura.

QUI trovate l’intervista in Inglese

Perché e quando è nato lo SMEM (Swiss Museum for Electronic Music Instruments)?

Lo SMEM è stato fondato nel 2016 a partire da una collezione privata di strumenti musicali elettronici. La collezione apparteneva al collezionista Klemens Trenkle. Lo SMEM è un’organizzazione no-profit. L’obiettivo principale è la crescita della collezione attraverso l’acquisizione di nuovi strumenti musicali. Al di là delle attività necessarie per una collezione – come l’inventario o la manutenzione – lo SMEM mira a rendere questi strumenti disponibili al pubblico. L’obiettivo è anche lo sviluppo di una cultura e di una conoscenza riguardo agli strumenti musicali elettronici. Noi facciamo questo proponendo conferenze, workshop e altre attività. Lo SMEM ha anche altri obiettivi a lungo termine come reperire spazi per le esibizioni e strutture per i musicisti professionisti e il pubblico in generale.

Qual’è stata l’ispirazione iniziale?

Gli strumenti della collezione sono gli “inneschi” delle nostre idee. Essi rappresentano una ricca storia della musica. A parte questo, noi ci basiamo sulla visione che ha il collezionista secondo il quale questi strumenti rappresentano un’importante parte della storia della nostra società. Il collezionista considera i creatori di questi strumenti come artisti e desidera preservare questa cultura per le future generazioni. Chiaramente, noi abbiamo guardato anche a ciò che hanno fatto le altre istituzioni. Abbiamo deciso subito che cosa non volevamo fare: mettere gli strumenti dietro ad un vetro dentro ad una teca. Piuttosto vogliamo accompagnare il visitatore alla scoperta di questi strumenti. Esistono altre istituzioni simili alla nostra. Ad esempio il MESS (Melbourne Electronic Sound Studio); gli organizzatori condividono i nostri stessi obiettivi di mettere in comune risorse e conoscenza. Noi sogniamo una istituzione più grande e più ambiziosa che possa giocare un ruolo maggiore in Europa come istituzione dedicata al suono. Per gli anni a venire il nostro obiettivo è convincere le autorità locali della potenzialità di questo tipo di istituzione.

Dove si trova lo SMEM?

Lo SMEM è situato a Friburgo, in Svizzera. Posizionato tra Ginevra e Zurigo, facilmente raggiungibile in treno.

Quali strumenti contiene? Quali collezioni?

Tantissimi! La collezione copre un’ampia parte della storia degli strumenti della musica elettronica. I pezzi mancanti sono gli strumenti modulari e gli strumenti dagli anni 2000 al 2020. Siamo alla ricerca di donazioni per completare la collezione.

Puoi darmi qualche esempio di modello interessante che avete nel museo, per ciò che riguarda la storia o la tecnologia?

La collezione comprende più di 5000 pezzi e più di 1400 sintetizzatori. Copre una parte molto ampia della storia degli strumenti di musica elettronica. La collezione è davvero eclettica. I grandi marchi storici sono ben rappresentati: Korg, Roland, Moog, Yamaha, Sequential Circuits, ecc. Abbiamo anche molti strumenti europei. Tra i pezzi su cui stiamo lavorando, un Hammond Novachord è in restauro. Non vediamo l’ora di dargli una seconda vita. Strumenti molto interessanti della collezione sono i primi sintetizzatori digitali: Synclavier, Fairlight, ecc. Questi sono strumenti fantastici, precursori di ciò che un computer oggi può fare. Comunque una panoramica della collezione è disponibile sul nostro sito web.

C’è qualche aneddoto interessante intorno al Museo?

Il museo è pieno di storie, sorrisi, creatività e persone appassionate. Ma niente che si può trovare nella prima pagina di un quotidiano.

Come si può vivere e visitare il museo?

La cosa migliore è venire al museo un sabato pomeriggio. Si può prenotare un tour della collezione e 4 ore di “playroom session”, in cui si può provare a suonare [o, come direbbe il musicista Paolo Bragaglia, “spippolare”; n.d.r.] qualcuno di questi grandi strumenti musicali.

Il museo è aperto a collaborazioni con l’esterno?

Certo. Basta mandarci una mail e spiegarci l’idea.

Prevedete possibili sviluppi per lo SMEM? Ad esempio, un libro o un documentario che ne racconti la storia attraverso interviste e video?

Attualmente stiamo lavorando con Kim Bjorn (Push Turn Move / Patch & Tweak) ad un libro che includerà alcuni strumenti musicali dello SMEM. Qualche progetto di documentario su costruttori svizzeri di strumenti musicali sono in fase di lavorazione.

Progetti futuri? Mostre in cantiere?

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