Lucrecia Dalt ‘No era sólida’

(RVNG Intl 2020)

La musica elettroacustica, nel corso della sua ultradecennale storia, si è orientata verso le direzioni più diverse. Una delle tendenze più diffuse è quella che ha condotto l’arte elettroacustica verso l’esplorazione di stati fisici (intesi tanto nel loro riferirsi a paesaggi naturali quanto nel loro tradursi in condizioni della materia, anche corporea) e di stati psichici. L’ultimo lavoro dell’ingegnera e artista colombiana Lucrecia Dalt (che, come aveva fatto per ‘Anticlines’, devolverà parte dei proventi delle vendite del lavoro a Tierra Digna, un’organizzazione impegnata nella difesa delle comunità colombiane colpite da politiche economiche che violano i diritti umani e devastano l’ambiente) sembra sintetizzare queste due facce della ricerca elettroacustica, proponendo all’ascoltatore un viaggio intra- e inter-psichico nei meandri della mente dell’artista e del suo “doppio”. Le protagoniste di ‘No era sólida’ (40’) sono infatti due: Lucrecia Dalt e la sua alter ego Lia. Difficile individuare i confini della presenza di questi due personaggi, che potremmo immaginare quasi come un Dante e un Virgilio impegnati nella risalita dall’inferno al paradiso (ma, tra le due, chi è Dante e chi Virgilio?).
Le dieci tracce che compongono l’album sono altrettante tappe di un percorso interlocutorio e allucinato che parte da un’angosciante domanda che è resa però esplicita soltanto alla fine del viaggio: “La paralisi può trasformare una persona in cosa?”. La cosificazione della carne, l’oggettivizzazione del corpo, il dissolvimento dello spirito, la ricerca di sé sembrano allora essere i quattro punti cardinali verso cui si muove la ricerca di Lucrecia Dalt, parimenti lanciata nell’individuazione di soluzioni sonore efficaci e penetranti e nella sottolineatura della rilevanza di una questione che è al contempo etica ed estetica: una persona può trasformarsi in cosa? È giusto lasciare che ciò eventualmente accada? E qual è il posto (e il suono) dell’uomo nell’universo?
Il lavoro della Dalt – accompagnato dal video realizzato dal Morgan Beringer Studio con la direzione artistica e la fotografia di Prima Materia – è una lunga illusione percettiva, un continuato percorso acustico diviso in dieci “figure” che corrispondono ad altrettante condizioni. Si tratta di una sorta di narrazione che prende le mosse dall’incontro tra Lucrecia e Lia in un’immaginaria stanza degli interrogatori. Da quell’incontro si sviluppa un percorso di trasformazione e metamorfosi della carne, della motilità, della pluridirezionalità, dell’enigmaticità del corpo umano e dei corpi sonori. La dissoluzione (Disuelta), passando per la secchezza (Seca), il diventar bocca (Ser boca) e l’ispessimento (Espesa), attraverso una fenomenologia psico-fisica e psico-corporea giunge all’autocoscienza (Endiendo), per poi tornare circolarmente alla domanda di partenza: “può la paralisi trasformare una persona in cosa?”.
La voce di Lucrecia Dalt, nel corso del lavoro costantemente de-frammentata e sciolta in un caos ordinato di suggestioni, echi, pulsazioni e interrogativi, nell’ultima e più lunga traccia (No era sólida) si presenta sotto forma di sussurro in realtà poco sussurrato e che, piuttosto, con discrezione reclama di essere ascoltato. Quasi nella forma di un “recitar elettronico”, Lucrecia Dalt condivide con l’ascoltatore alcune sue considerazioni sulla relazione tra livello fisico e livello metafisico, sulla collocazione dell’uomo nell’universo, sulla disseminazione della vita in forme diverse e tutte immerse nel suono e nel silenzio, che altro non è se non “respirazione continua del mondo”.

Voto: 9

Giacomo Fronzi

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