Michael Gordon ‘Anonymous Man’

(Cantaloupe Music 2020)

Il minimalismo musicale si basa su un principio piuttosto uniforme e semplice, che consiste nel combinare la ripetizione ostinata di una o più cellule melodico-ritmiche con la introduzione di piccole ma costanti variazioni che permettono all’autore di sviluppare la propria intenzione espressiva. Un tale principio può altresì dar vita a poetiche e visioni alquanto diverse tra loro, a seconda di come viene interpretato e applicato. Ne sa qualcosa il compositore statunitense Michael Gordon, newyorkese classe 1956, tra i fondatori del collettivo Bang on a Can. MG ha definito e affilato nel tempo uno stile assolutamente personale, che alcuni fanno rientrare nel post-minimalismo o totalismo, la cui cifra saliente sta nel far scorrere le suddette ripetizioni su binari ritmici sfasati tra loro, che si muovono con tempi frenetici producendo un sound esplosivo, brulicante di una energia che viene direttamente dal rock e che ben cattura l’eccitazione ma anche i pericoli della vita metropolitana. Ebbene, il lavoro in questione, Anonymous Man, pur mantenendo alcuni tratti stilistici tipici di MG, ci svela altri aspetti della sua personalità, e insieme la capacità che il minimalismo ha di raccontare le emozioni della quotidianità in modo efficace e anti-retorico. Si tratta infatti di un lavoro corale – eseguito ottimamente dall’ensemble The Crossing – i cui testi, a firma dello stesso Gordon, ci narrano episodi della sua vita, personale e artistica, i luoghi dove ha preso dimora, abitati da artisti e barboni, di cui l’Autore tratteggia vividi ricordi. Sono questi gli anonimi di cui parla il titolo? O è Gordon stesso? Di certo, la sua voce compositiva è tutt’altro che anonima; attraverso raffinati riverberi acustici e intrecci micro-polifonici di ligetiana memoria, il Nostro riesce a trasportare l’ordinario nel regno dell’extra-ordinario, sortendo effetti poetici e in alcuni casi meditativi, in ciò riallacciandosi a suoi lavori recenti di altrettanta notevole estensione e raffinatezza timbrica, come Rushes (per ensemble di fagotti) o Timber (per percussioni). Non mancano episodi di più immediata comunicativa e presa melodica, attraverso i quali la narrazione di Gordon – che rivela qui anche un discreto talento letterario: basti pensare al passaggio in cui rievoca l’incontro con la compositrice, e sua futura moglie, Julia Wolfe (It’s Julie Passing Through Town) – si dipana e conduce a rassicurante conclusione (I Sleep At Home).

Voto: 7

Filippo Focosi

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