Brotherhood ‘Oak’


(Aut Records 2019)

Un rituale ancestrale. Una meditazione a due nella natura mistica delle cose. Il contrabbasso di Michele Bondesan e i sax soprano e tenore del fratello Tobia Bondesan dialogano melodicamente cercando una relazione primitiva e universale con suoni e silenzi. Propongono atmosfere di sospesa incertezza (il dubbio dei brani con cui l’album inizia e termina: If in Doubt Askg e If in Doubt Search), ancestrale rispetto, attesa e scoperta (scoperta dell’attesa e attesa della scoperta). Le otto tracce sono indice di una profonda dedizione per la musica e soprattutto per quella improvvisata, com’è nella tradizione dell’etichetta che le ospita. Invitano a un ascolto rilassato, aperto alla contingenza di ciò che accade. Alcuni momenti richiamano le dimensioni sonore del free jazz, altri aprono in direzioni più indeterminate e avanguardistiche. Alcune parti sono di matrice minimalista: gli esili soffi e le lunghe note gravi/acute del sax, capace di sdoppiare (sensatamente) il suono di uno strumento solitamente monofonico, così come i pizzicati appena accennati e gli effetti sonori prodotti dal contrabbasso e il suono liquido (gorgogliante) di alcuni momenti sembrano volerci fare percepire il silenzio che circonda e da cui origina la musica. Il brano che mi ha colpito di più è Damballah Weddo, ma mi ha colpito perché dopo la ricerca meditativa il sax formula una proposta melodica che non può non ricordare Volare di Modugno (che però probabilmente non c’entra nulla con questa musica: ma chi lo sa). Nel contesto generale anche Extemporary Song si fa notare: è appunto una canzone estemporanea, una melodia da ballad jazz che ci regala un inaspettato momento lirico.

Voto: 8

Alessandro Bertinetto

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