dTHEd ‘Hyperbeatz Vol.1’


(Boring Machines 2019)

C’è che me lo son portato questa estate con me, e di tenerlo all’ombra ci ho provato.
Dio mi sia testimone se ci ho provato.
Ma ogni volta che vedeva l’orizzonte aprirsi dinanzi a se, partiva a razzo in quella direzione.
Con gambette tutt’ossa e scarti di ogni risma, alla bella e meglio saldati fra loro con perizia estrema, il tutto, era evidente, teneva.
Zampette del cazzo (1).
Come se l’orizzonte e il suo oltre fosse casa, come se.
Ma ogni suo allungo, al contrario di modelli simili, non era uno zig zagare confuso e insensato del cazzo (2), no signori miei, possedeva chiara e precisa, direzione e destinazione.
Fabio Ricci di Vonneumann e Routine, aveva delle sbreccole ritmiche rimaste fuori dal grosso strepito “NorN”, con la stratificazione e maturazione di un’intenzione netta (segni/significanti/significati in scomposizione assistita e ricomposizione precisa tutt’attorno concetti di percezione e neurodiversità), in totale aderenza con Simone Lanari e Isobel Blank (il loro progetto Ask The White su Ammiratore Omonimo dei Vonn), ne smeriglia i bordi, frantuma l’essenza e sottopone ad altrui conoscenza.
La linea di partenza e tracciata.
Ti rigiri balenottero la copertina bella tra le mani, e pure il corvo in finestra t’urla che quella sul retro è una partitura grafica organica aggiornata a velocità 2019 e oltre.
Pensieri e immondizia, spartire, comporre, partire.
Ti si pianta nel mezzo della stanza e non t’accarezza fauno cicalino.
Lo spossibile del cazzo (3)?
Si, pure quello.

Voto: 9

Marco Carcasi

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