Anastasios Savvopoulos “Azure” ‘Ebbs And Flows’

(Aut Records 2020)

Il timbro del sax tenore di Peter Ehwald sembra dover molto a un maestro come Joe Henderson e le sue improvvisazioni sembrano talvolta abbeverarsi alla fontana di Chris Potter (e anche al free moderno). Ma il quartetto senza basso Azure, capitanato dal chitarrista (e compositore) Anastasios Savvopoulos, che pur lasciando spesso la scena ai sui compagni, è una solida presenza in tutti i brani (decisamente apprezzabili sia le linee compositive sia gli effetti atmosferici d’insieme, come in Reflections, ma in Azure effetti atmosferici e linee compositore sono un tutt’uno), non si limita al sax. Il piano di Antonis Anessegos (mi piace molto anche al fender rhodes) lavora con maestria su tutti i registri offrendo una texture armonica su cui Ehwald e Savvopoulos possono agevolmente distendere le loro sensate e incisive digressioni, ma anche i suoi interventi solistici sono esteticamente efficaci. E nelle trame interrotte delle forme spezzate e asimmetriche delle frasi delle composizioni e delle improvvisazioni che le informano la batteria di Ludwig Wandinger contribuisce in modo prezioso a sostenere un ritmo costante, a suggerire atmosfere (in Remnants atmosfere spesso sognanti; in Auftrieb pt 2 l’effetto della trasformazione dall’incertezza del dubbio all’esclamazione convinta e fiduciosa) e ad accendere la miccia quando serve. La chitarra di Savvopoulos, come dicevo, è una presenza discreta, ma costante. Contribuisce a dipanare le fila dei registri bassi o a contrappuntare o raddoppiare sax e pianoforte, e quando emerge in primo piano, ad esempio nell’introduzione di Ebbs and Flow pt 2 o nell’assolo di Auftrieb pt 1, è limpida espressività e tagliente groove: i suoi interventi non lasciano nulla all’approssimazione.
In generale, l’unico momento un po’ sottotono nel disco mi pare l’ultimo brano (Bygones), in cui nonostante assoli di ottima fattura dopo la lenta, e un po’ languida, introduzione la ripetitività incalzante dell’incedere cerca di spingere verso una danza collettiva che, a causa dei molti “vuoti”, non viene mai davvero raggiunta (non so quanto intenzionalmente). In ogni caso il disco bene mostra che Aut Records è un’etichetta sempre attenta al suo catalogo e che lo sta arricchendo in una direzione assai convincente.

Voto: 8

Alessandro Bertinetto

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