Szilárd Mezei, Tim Trevor-Briscoe, Nicola Guazzaloca ‘Exuvia’

(FMR Records 2017)

La mia ignoranza emerge sempre più spesso quando incontro un titolo di un disco che non capisco. Allora mi rivolgo subito a Wikipedia. ‘Exuvia’, dice appunto Wikipedia, “ è un termine usato in biologia per descrivere i resti di un esoscheletro dopo la muta di un artropode (insetto, crostaceo o aracnide). L’exuvia di un animale può essere molto importante per il biologo dato che può spesso essere usata per identificare la specie di un animale e anche il suo sesso. Non essendo sempre pratico studiare gli insetti, i crostacei o gli aracnidi direttamente, le exuviae, che possono essere raccolte abbastanza facilmente, possono giocare un ruolo importante nell’aiutare a determinare alcuni aspetti generali del ciclo vitale di una specie come la distribuzione, le percentuali dei sessi, la presenza in un determinato habitat”. Mi arrovello, quindi, a cercare un nesso tra le improvvisazioni musicali intrecciate dal trio formato dal violista serbo Szilárd Mezei, dal sassofonista e clarinettista italo-britannico Tim Trevor-Briscoe e dal pianista bolognese Nicola Guazzaloca. Mi vengono in mente soltanto labili connessioni del tipo: musica e ambiente, intrecci improvvisativi e tele di ragno, e suggestioni anche più fuori luogo (ma questo fuori luogo è forse il punto della questione, chissà). Insomma, più ci penso, più mi perdo.
Quindi meglio dedicarsi alla musica. E la musica di questo CD ci offre nove tracce, dai titoli espressivamente naturalistici (Radici, Aria, Radici, Light, Sòtétség che credo signfichi ‘buio’, Corteccia, Dusk ecc.), composte (se così si può dire) ex tempore, ‘on the spot’, liberamente improvvisando dai tre musicisti, che interagiscono con estro, espressività e bravura tecnica: ‘Making sense’, come ben si dice in inglese, attraverso le atmosfere sonore interpretabili anche attraverso i titoli. Atmosfere sonore forse più vicine alla Neue Musik che al Free Jazz e sempre molto intense e coinvolgenti: sia per la capacità di portare l’interplay in zone insolite e poco battute dei registri e delle possibilità acustiche dei diversi strumenti sia per la varietà delle tonalità emozionali.

Voto: 10

Alessandro Bertinetto

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