Adriano Zanni ‘Disappearing’

(Boring Machines 2017)

Lo slancio ritmico/stranito del sette pollici d’inizio 2017
“Falling Apart”, reintroduceva lo Zanni sulla
scena (?) con eleganza fuoriasse.
Dopo un silenzio durato qualche anno (dal 2008 a livello di produzioni sonore, in realtà attivissimo nel cristallizzar immagini di disadorna poetica col suo
sguardo fotografico, vedi su Instagram e il box cartaceo su
Boring,“Red Desert Chronicles), Zanni ritorna abbandonando il
suo vecchio moniker Punck e il 7” di cui sopra
unitamente ad una magnificenza di nastro a maggior tiro ambientale
(“Soundtrack For Falling Trees” per i tipi del Bronson
di Ravenna), fan riannotare a più d’uno il nome dell’artista
come uno di quelli da seguire con attenzione.
“Disappearing”, opera sul lungo (il giusto, una quarantina di minuti), suscitando
seducente tormento inesplicabile fin dalla cupa vertigine boschiva
che accoglie l’occhio nella splendida copertina.
Analogico e digitale, l’arte del field recording, del sampling, del cut-up e del
mixing (in stratificazione o ammirazione di una frequenza
aguzza). Drone music fatta di sottili lamine stridenti in orbita
introversa ballardiana, ossia per farla breve, quel che da radici
post industrial muta in una sorta di isolazionismo sbrecciato,
crepuscolare e materico. Paesaggi al tramonto di silenzi non
rassicuranti, il micro del circostante in formato amplificazione
macro, un ronzio alto nel cielo, una luce che scompare in lontananza,
ombre ingoiate dal buio, un mormorio.
Campi lunghi, sgombri di presenze umane e fugaci apparizioni di sagome indistinte nell’umida nebbia che avvolge ogni cosa (Lynch ed Herzog in
grammature potenti). Piove, poi smette, una pietra rotola in
solitaria, nel petto il battito del tempo.

Voto: 8

Marco Carcasi

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