Julian Cope ‘Japrocksampler’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di Marco Paolucci

uccio12@hotmail.com

Ancora una volta l’istrionico druido riapre il suo forziere di meraviglie soniche e ritorna a parlare, qualche anno dopo il suo ‘Krautrocksample’ dedicato ai suoi amori musicali krauti, svariati libri di archeologia e la sua autobiografia, questa volta di rock giapponese. E lo fa alla sua maniera ponendo il suo occhio storicizzante e scrutatore sulla musica, il  rock’n’roll che, come recita il sottotito, “fece uscire di testa i giapponesi del dopoguerra”. Analizza i movimenti che si sono succeduti nell’isola negli anni sessanta e settanta, nelle sue diramazioni psichedeliche, hard e con qualche intrusione nel free jazz, andando a cercare le origini virtuali e i padri spirituali di gruppi  come Boris, Ghost, Acid Mother Temple. Il nostro, grazie ad una spumeggiante capacità affabulatoria, condisce le sue ricostruzioni di riflessioni acidule in salsa dolciastra che in varie occasioni fanno venire uno spontaneo sorriso. Cope si immerge alla sua maniera nel recupero di nomi e storie di artisti come i Flower Travelling Band (che campeggiano nella copertina),  o come Toshi Ichiyanagi ex marito di Yoko Ono; racconta con brio i movimenti come quelli del Group Sound e dell’Eleki Buum o Boom della chitarra elettrica, movimento questo ispirato dai Ventures. Snocciola nomi, cognomi e patronimici esoterici fin nelle midolla come Rallizes Dénudés, Dottor Acid Seven e Speed, Glue & Shinki e, complice la discografia selezionata presente alla fine del volume, invita alla ricerca di quei suoni e quei nomi, riportati alla luce dal lavoro del nostro druido di fiducia.  

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