Punck ‘Nowhere Campfire Tapes’


(Ctrlaltcanc/Afe 2005)

Ascolto profondo; poi ancora più profondo.
Materia che si dissolve, ricordo sbiadito di arti campestri di altri tempi.
Indissolubilmente legato a storie nostrane eppure distante ed alieno come
pochi.
Punck se avesse parole da usare sarebbero macigni pesanti un secolo e lunghi un
chilometro e su questo non ci sono discussioni di sorta.
Collasso emotivo che esala miasmatiche fragranze polemiche, quando Paolo
Ippoliti
(Logoplasm) presta la voce ed incita a sentire il peso
delle ore che passano sulla pelle
si ha chiara e netta la sensazione di essere
al cospetto di una vetta montana d’insospettabile altezza (nonché
bellezza).
Dentro questi quattro brani (+uno nascosto) accartocciati come fazzoletti usati ci sono molte
più sollecitazioni sensoriali di tutto il cric crac propagato nell’etere
da ben più blasonate nullità nonché santità.
Ed il peccato che si corre è proprio quello di far si che questo prodotto
venga lasciato a marcire in quel fottuto limbo che è l’ascolto di settore
(Dio che vomito!); lasciato a marcire sotto il sole come è capitato e capita
ad altre carni pregiate (Roberto Fega? Logoplasm?).
E allora?
Allora compratelo, non masterizzatelo; andate a vederlo dal vivo se potete.
Scrivetegli pure che tanto mozzicare non mozzica e poi parlate
anche la stessa lingua ed è più facile capirsi.
Fatto questo fermatevi e contemplate la bellezza di questi paesaggi cupi e deserti
ed attendete che gli sgocciolamenti dell’anima che sgorgano da questi strappi
del quotidiano vi si insinuino lenti su per la spina dorsale.
La serata successiva all’ascolto non vi parrà poi più cosi tanto
rassicurante.
Una piazza vuota a tarda notte, un’afosa sera d’estate, sopra un buco nero; poco
più in là il morso feroce del sole in agguato.
Perdersi…..

Voto: 9

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