Improv…svisando tra passato e presente.Dire semplicemente di parlare o affrontare la specifica parola “jazz”sarebbe a dir poco eufemistico, dato che al pari di altri mondi o generi, anche la musica improvvisata con 100 e piu’ anni di vita raccoglie e si camuffa nelle piu’ svariate angolature udibili al nostro orecchio. Chiarendo in partenza la non vasta conoscenza personale (in particolare “accademica”) di una storia, quasi sempre percorsa da echi di protesta, a volte carica di servilisimo dettato e imposto, e specialmente all’inizio, non presa sul serio ma considerata puro e semplice intrattenimento goliardico per cosidetta gente d’elitè. Sintetizzando all’infinito, come credo parecchi sappiano, fu solamente con l’avvento della cosidetta “new thing” e, anche prima, grazie ai suoni (o manifesti ) partoriti dai vari Parker, Monk, Mingus etc. che l’improvvissazione (e con essa la gente di colore) incominciò a pretendere una sua meritata autonomia e a diventare qualcosa di più che semplice “musica”.
Pochi anni dopo altra gente dichiarò espressamente che se la vita in fondo non era proprio il massimo desiderato, anche la musica che ne veniva fuori doveva a pieno rispecchiarne gli eventi, fregandosene del puro e superficiale senso della melodia. Ayler, Taylor, Coleman, lo sipritualissimo Coltrane, Cherry, la citta di Chicago etc.etc.etc. vivisezionarono e stuprarono i loro strumenti donando loro una propria anima e carta d’identità.
Ora veniamo ai nostri giorni: “Out to Lunch” non credo riuscirebbe a raccontare e “ripetere” tutto ciò, ma tenterà di pescare e di giocare senza alcun senso estetico, con sonorità, che ad un occhio esterno risulterebbero decisamente agli antipodi. Ne uscirebbe fuori una serata piacevole, se si avesse la possibilità di stare a cena e osservare Ellinghton, che versa del vino a Bailey, il quale fa il verso e prende per il culo l’intimismo sdolcinato di Jarrett. Non sarà una novità, ma fermare un’istante non viene sempre da sè e coglierne il momento esatto non è cosa affatto semplice. Almeno potremmo tirare un sospiro di sollievo dal momento che, almeno in quest’attimo, gli schemi e la razionalità non sarebbero l’elemento dominante. Nella vita di tutti i giorni non è cosi’ e la cosa brutta è che siamo noi a volerlo. A presto!
Sergio Eletto