Max Arsava “Nowhere Dense”

(Aut Records 2023)

Finalmente dopo un lungo periodo di assenza ecco che il lettore ospita un seducente lavoro capace di combinare con audacia sonorità elettroniche ed acustiche. Il titolare del quintetto è Max Arsava: pianista e multistrumentista di svariati devices elettronici di stanza a Berlino, con le spalle coperte da molteplici collaborazioni. Alla bisogna con piano, synth ed elettroniche, è affiancato da Max Hirth al sax tenore, Ignaz Schick ai turntables e voltage controlled sampler, Alex Bayer al contrabbasso e Flo Fischer alla batteria. Il leit motiv partorito da “Nowhere Dense” è piuttosto complesso, e potrebbe passare per un lavoro dal carattere matematico, ricco di cambi continui e micro-dialoghi, ma ciò è arricchito da un’altro concetto cui piace “… immaginare diverse modalità di permeabilità, a livello di forma… in cui qualsiasi struttura potrebbe collassare in un’altra, reiterarsi in modo contrastante o erodersi in particelle sparse, lasciando il posto a un paesaggio sonoro fratturato”. Ed è dunque un magico caracollare di scambi strumentali fittissimi e veloci, dove il gioco della estemporaneità è costruito attraverso sia con parentesi di sfuggente silenzio, sia con esplosioni di ardente materia sonora. Un corpo di idee concepito per un ensemble maturo nel bilanciare improvvisazione e partiture composte. Digital Monads si inerpica nel sistema nervoso materializzando un andamento taglia e cuci pro Matmos; Utility Dust è un simposio elettroacustico dove gocce di piano, fruscii, frequenze, soffi di fiato congegnano pezzo dopo pezzo un furente disequilibrio free jazz; Mager/Choral è alla base una reiterazione di piano feldmaniana su cui iniettare prima brandelli di caustica elettronica sottovoce, poi aprire ad un fitto intarsio di micro dialoghi amanti della riduzione (come se i Nmperign fosse appunto diventati un quintetto); Adherent Terrain alza i toni sia di volume che di nevrosi, sciorinando un frenetico mordi e fuggi di soluzioni improv che diventa gradevole swing per palati fini; Inchoate Decline alza l’asticella dell’amore per i toni noir mediante una sinergia tra ripetizione e sottofondi di brulicante improvvisazione. Esperienza assolutamente peculiare dove un numero prossimo all’infinito degli ascolti non basterebbe mai a far decifrare con lucidità tutti gli anfratti di suono contenuti. Tra le emozioni più alte provate in musica recentemente.

Voto: 8/10

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