William Duckworth ‘The Time Curve Preludes’

(Neuma Records 2023)

Mi ero imbattuto in una manciata di preludi pianistici del compositore americano William Duckworth (1943-2012) qualche anno fa (in particolare, grazie a una incisione delle sorelle Labeque dedicata alla musica minimalista), rimanendone fin da subito colpito e ammaliato. Da allora, ho sperato che ne fosse realizzata una nuova ed esaustiva registrazione – la più completa finora esistente, ad opera del pianista Neely Bruce, è ormai fuori catalogo -, e che a suonarli fosse Emanuele Arciuli. Perché Arciuli? Beh, è presto detto: il pianista italiano è infatti un grande conoscitore e divulgatore della musica “colta” americana – tra l’altro, allo stesso Duckworth ha recentemente dedicato un approfondimento su Rai Radio 3 nell’ambito di una rubrica da lui curata e condotta, volta alla riscoperta dei più significativi “american mavericks”. Inoltre, il che è ancora più importante, Arciuli è unanimemente riconosciuto come uno dei maggiori interpreti del repertorio pianistico americano moderno e contemporaneo. Giunge dunque quanto mai gradita – e di certo non solo al sottoscritto – questa nuova uscita della Neuma Records, che ci offre l’opportunità di ascoltare il libro primo (e già pregustiamo il secondo, sperando arrivi quanto prima..) dei Time Curve Preludes di WD. In questi dodici brani, scritti nel biennio 1977-78, Duckworth riesce magicamente a coniugare le ipnotiche reiterazioni anelanti l’infinito del primo minimalismo con la forma chiusa e contenuta del preludio – regolata, nel suo caso, da rigorose proporzioni matematiche – e ad impreziosirle con sottili scarti ritmici e accattivanti spunti melodici, per lo più modali, che attingono tanto al pop e al progressive, quanto alla musica orientale. Ogni preludio possiede un proprio, distintivo carattere espressivo, che si imprime ben presto nella mente dell’ascoltatore: tra la gioiosa esuberanza del primo e del dodicesimo, si passa per le atmosfere esotiche e incantatorie del secondo e dell’ottavo, gli echi di Satie profumati d’Oriente del settimo, il dinamismo frenetico e inesorabile del quarto e del decimo, e così via.. Arciuli definisce la scrittura pianistica di Duckworth visionaria ma al tempo stesso idiomatica: prova ne sono la fluidità del fraseggio e gli effetti di risonanza generati dall’uso del pedale, che donano ai preludi quel senso dello spazio e di immersività che Arciuli ha da tempo individuato come tratti distintivi della poetica musicale americana, e che qui, come altrove, egli cattura e restituisce in modo magistrale e impareggiabile. A completare questo – lo ribadisco: davvero imperdibile – Cd sono le cinque Simple Songs About Sex and War, per pianoforte e voce: qui, la vena narrativa e l’immediatezza comunicatività proprie del linguaggio di Duckworth emergono con (forse ancor maggiore) vigore, vuoi anche per gli ammiccamenti (tanto nella musica quanto nei testi) popular, che nulla tolgono alla chiarezza e finezza formale con cui l’autore cesella ogni singolo brano. Stavolta, ad Arciuli si affianca la poliedrica Costanza Savarese (chitarrista, performer vocale, e video artist), la cui abilità nel muoversi tra i diversi mondi musicali e poetici evocati in questi brani ci dona un’interpretazione di cristallina e abbacinante bellezza.

Voto: 9/10

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