Yannick Chayer ‘Gebilde’

(Small Scale Music, 2020)

Yannick Chayer, canadese, è un dilettante di talento. Poliedrico, spazia dall’arte plastica all’illustrazione alla musica con la leggerezza sfrontata del novizio. Lo specialismo, del resto, è una delle malattia della nostra epoca, oltreché una noia mortale. Niente di meglio, dunque, che mescolare le carte.
‘Gebilde’ è il titolo del suo ultimo album. Significa “struttura” in tedesco, a sottolineare la riflessione geometrica alla base di questa musica, giocata su un mix di preparazione e improvvisazione, un dialogo tra Yannick e una manciata di live samples. Sassofono, percussioni, sintetizzatori ed effetti vari cuciono insieme una trama scomposta, spigolosa, dissonante, inquietante e gioiosa al tempo stesso.
L’effetto è, in alcuni casi, meraviglioso. Spatial Regulator, ad esempio. Comincia come la soundtrack di un thriller d’avanguardia, il sax fa la sua irruzione grottesca, cigolante. Crescono il caos, la cacofonia, poi stemperate in un finale sospeso. Organization Off si apre con lunge e collose note di sax “doppiato” in modo da conferirgli un tono metallico. Sull’assolo “free” aleggia uno spettro sintetico opprimente. Nel finale, piovono bombe digitali.
Oog in Oog è subdola, procede strisciando come un verme o un assassino nell’ombra. L’elettronica di Master Forgery è quella di un videogame arcade anni ’80. Il tono è parodistico, però poi Collecting Reverberation tocca l’apice d’inquietudine dell’album. Voci umane riecheggiano come spettri antichi, il sax è all’inizio sinuoso, ma con certe sue asperità, sgradevolezze… Le invocazioni si trasformano in riverberi, il sax si esaspera, s’indurisce, circondato da tutto un nugolo di suoni elettronici, finché l’intera massa sonora finisce in un tritacarne in cui Debussy (Prélude à l’après-midi d’un faune) e l’elettronica più sperimentale risultano indistinguibili.
Août le 26 Mars è stridula e noir, il sax sembra quasi una cornamusa. Re-Echoing None è pulsante e sinuosa, con una sua ironia malata. Like a Pimp (titolo zappiano) è un’improvvisazione di sax con suoni d’organo (quello che sembrerebbe un organo) e un senso dell’orchestrazione tutto particolare, che sfocia nell’immancabile, plumbeo gorgo elettronico. L’incedere possente di Here’s That Cloud Again è l’eco dei passi di un gigante in una terra di sogno.
Sproloquiante, opprimente ma con un suo senso dell’ironia, deviata, dissonante, cacofonica, a tratti sensuale, la musica di Yannick Chayer è un piccolo gioiello di follia controllata, di intelligente naiveté, di stratificazioni, echi, riverberi, sminuzzamenti di cose colte ma con piglio giocoso, anti-snob. Niente male per un dilettante!

Voto: 7,5

Marco Loprete

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