MPH ‘Taxonomies’


(Discus Music 2019)

‘MPH’, alias Alex Maquire (piano, organo hammond), Martin Pyne (vibrafono, percussioni, elettronica), Mark Hewins (chitarre, elettronica). Registrato in due giorni nell’agosto 2018, l’album segue una linea che sto trovando piuttosto comune nelle ultime uscite dell’etichetta Discus. La prima traccia è davvero efficace, magnetica, avvincente: è qui il caso di Tormentil, un brano etereo e ipnotico, caratterizzato da una ripetuta e suadente breve frase di piano su un tappeto di dolci percussioni. Poi a brani di fattura più sperimentale (e più improvvisati, anche nel senso non sempre lusinghiero del termine), se ne alternano altri di nuovo accattivanti. Come qui il blueseggiante Finger Muscle e il successivo Meadowsweet, che mi ricorda una parte del tema di Solar di Miles Davis. La mescolanza di chitarra, percussioni e organo hammond dà ad alcune tracce un tocco acid, in alcuni casi esplicitamente ricercato (Psychedelic Frogfish). Più in generale, tranne alcune eccezioni (come la frenetica Rocket Larkspear), il marchio espressivo complessivo è la lieve, lenta, malinconia segnata dalle note lunghe del piano (o, in alcuni momenti della lunga Purple Loosestrife, da brevi e rapidi frammenti melodici sui registri alti dell’organo), di cui fa eco di tanto in tanto una nota sugli armonici della chitarra. Se ne può ascoltare un esempio in Eyebright. Non è un capolavoro; anzi alla lunga è anche un po’ ripetitivo: ma è comunque un album degno di nota (e di note).

Voto: 7

Alessandro Bertinetto

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