Bill Frisell – Thomas Morgan ‘Epistrophy’


(ECM/Ducale 2019)

Capita a volte nella vita di imbattersi per caso, per fortunata (o sfortunata, a seconda dei casi e degli sviluppi a cui vanno incontro tali situazioni) coincidenza, in persone dolci, fragili, poetiche, belle sotto ogni aspetto, miti ma al tempo stesso percorse da una rabbia e tensione sotterranea che le agita nel profondo e che a tratti traluce da singoli sguardi nei loro occhi, tendenzialmente tristi e malinconiche ma al contempo pervase da una spinta segreta alla felicità che in certi istanti si appalesa in loro occhiate o risate gioiose: capita a volte nella vita di imbattersi per caso in persone di questo tipo e, se non si sta molto attenti e non ci si mantiene saldi nel proprio faticosamente conquistato equilibrio emozionale (con i pro ma anche i contro che esso comporta), capita anche di innamorarsene e smarrirsi in loro. Ecco, a volte, se non proprio la stessa cosa, comunque qualcosa di simile accade anche nei propri incontri musicali, nell’imbattersi cioè più o meno casualmente in dischi (o anche concerti, perché no?) dolci, fragili, poetici, belli sotto ogni aspetto, miti ma al tempo stesso tesi, malinconici ma al contempo irradiati dalla gioia in determinati passaggi melodici, armonici o finanche ritmici; e in questi casi, così come avviene con le persone, anche con i dischi può accadere di innamorarsi perdutamente e smarrirsi in essi. Un buon esempio di ‘liaison sentimentale-musicale’ di questo genere è fornito dal rapporto che l’ascoltatore tende a sviluppare spontaneamente con la recentissima prova discografica di Bill Frisell e Thomas Morgan, intitolata ‘Epistrophy’ (dal nome di una nota composizione di Thelonious Monk, della quale il chitarrista e il contrabbassista offrono qui una straordinaria rilettura) e pubblicata dall’etichetta ECM: prova discografica che scaturisce dalla registrazione dal vivo di un concerto del duo al Village Vanguard nel marzo 2016 e che fa seguito al primo disco di Frisell e Morgan, ‘Small Town’ del 2017. La conversazione musicale tra Frisell e Morgan, assolutamente minimale dato l’organico ridottissimo del gruppo eppure quanto mai coinvolgente e intensa, si snoda in nove brani di diverso tenore e diversa lunghezza che vanno a comporre il variegato e colorato (a dispetto dell’apparente carattere monocromo che, in base a preconcetti e pregiudizi, ci si potrebbe aspettare dal sound di un duo chitarra/contrabbasso) affresco di ‘Epistrophy’. Veri e propri ‘maestri del minimo passaggio’, come il filosofo Theodor W. Adorno amava definire il proprio insegnante di composizione Alban Berg, Frisell e Morgan dialogano felicemente e amorevolmente per quasi settanta minuti, districandosi senza apparente difficoltà fra note e silenzi, fra swing e divagazioni semi-rumoristiche (come nel magnifico intermezzo al centro di Mumbo Jumbo, terzo brano del disco a firma di Paul Motian), fra superba padronanza dello strumento e capacità ineguagliabile nel lasciarsi andare sulla base del fluire dei suoni e delle emozioni, fra disciplina rigorosa e indisciplina sovversiva, fra intelligenza calcolata e follia che balugina a sprazzi e barlumi (a cui, del resto, ci ha abituato spesso e magistralmente Frisell in molte delle sue produzioni attraverso i decenni). Dovendo proprio selezionare alcuni brani all’interno di un disco che non esito a definire interamente riuscito, dalla prima all’ultima nota, accanto ai già citati Epistrophy e Mumbo Jumbo menzionerei You Only Live Twice, Pannonica (ancora di Monk) eRed River Valley. Rigenerati nelle orecchie e nel cuore dall’ascolto e dal riascolto di questo disco per settimane, aspettiamo con trepidazione e anche con una certa curiosità la terza prova discografica di Frisell e Morgan in duo, augurandoci di non dover aspettare troppo a lungo.

Voto: 10

Stefano Marino

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