The Thing ‘Shake’

(The Thing Records / Trost 2015)

Arriva, si presenta irruento e ti pesta cordialmente, “Shake”.
Con
ruvida eleganza e collaudata efficacia.
Free jazz p(f)unk noir in
modalità gran lusso.
Loro solito, fra originali ed
epidermiche reinterpretazioni.
In performance risoluta, asciutta e
sensibile.
Frontale d’incastri ritmici da azzanno polpacci (in
carognesco assetto-no compromessi-) l’opener Viking II, ad
incresparsi e schizzar frammenti tutt’attorno nel repentino mutar in
Perfection di Ornette Coleman.
Screziata
d’interrogativi riflessi di gongs dal sud-est asiatico (First
Shake
).
Estenuante e persuasiva (Til Jord Skal Du
Bli
).
Rapida ossessione di slabbri di corde (Second
Shake
).
Ad avvitarsi in furibonda esasperazione motorik/funk
nella cruda The Nail Will Burn dei Loop (prosciugata di
ogni fregio post punk).
Strade/notti e interni di raccolto bianco
e nero Jarmusch (Sigill, cover del cantautore canadese
Wyrd Visions aka Colin Bergh).
Semplicemente
irresistibile, nell’espansione in deflagrata big band di Aim.
A
secche di spirituali stecche, a ballar lo skank con l’Arkestra
in Bota Fogo.
Mats Gustafsson (sax tenore/baritono),
Ingebrigt Håker Flaten
(basso/contrabbasso), Paal Nilssen-Love
(batteria/percussioni).
In lucida e costante pressione
propositiva.

Voto: 8

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