Boring Machines

Quattro chiacchiere digitali con Onga della Boring Machine Records

 

 

 

 

 

 

Di Marco Paolucci

uccio12@hotmail.com

11/01/2010 Boring Machines all’anagrafe è una giovanissima etichetta italiana, ma che ha al suo attivo svariate interessanti produzioni di vaglia che si sono fatte conoscere anche fuori del caro stivale. Le sue pubblicazioni spaziano dall’elettronica  al pop fino ad arrivare alla psichedelia costeggiando tranquillamente lidi di matrice Kraut-rock. Come al solito per saperne di più abbiamo scambiato quattro chiacchiere digitali con il patron/mente che si cela

dietro al progetto Boring Machines, tale Onga.

1)Quali sono le origini dell’etichetta? Come è nata l’idea? Quali ispirazioni ci sono state? A quali modelli, se ci sono stati, si è fatto riferimento?
Boring Machines ha origini lontanissime, perse nel buio dei tempi, anche se è stata ufficialmente fondata nel 2006. L’idea di fondo, quella di proporre musica meno diretta, più complessa e con un fondo malinconico/disagiato, c’era già nei primi djset fatti a nome Martini Bros assieme al mio socio Gian Maria. Probabilmente nei miei ascolti esisteva già da molto prima, sono sempre stato affascinato dalle composizioni lunghe, dagli ascolti difficili e dalle sonorità che comunicano spaesamento, disagio, tristezza. Insomma tutta quella musica che viene bollata come noiosa da chi invece si accontenta di ascoltare musiche più “confortevoli”. L’ispirazione è venuta al contempo da alcune grandi etichette estere, Kranky e Constellation su tutte, e dal lavoro svolto in Italia da etichette come Bar La Muerte, Fooltribe, Madcap Collective. L’attenzione alla qualità della musica proposta piuttosto che ai possibili esiti commerciali, l’umanità con la quale vengono gestite le cose al posto di contratti e regole sono state grandi fonti di ispirazione per me. Avendo organizzato poi, a partire dal 2003, moltissimi concerti di gruppi italiani e stranieri col progetto Basemental ho avuto modo di farmi una idea più precisa di come volevo fosse la mia  etichetta. L’occasione per partire con la prima produzione è venuta nel 2006, quando mi sono messo alla testa di una cordata comprendente gli amici di Madcap Collective, Shyrec, Eaten by Squirrels e Under my Bed per fare uscire il primo disco ufficiale di My Dear Killer, un musicista fantastico che trovavo assurdo nessuno avesse ancora pubblicato.

 

2) Come scegli le produzioni?
3) Come scegli i gruppi?
4) Come sono i rapporti con i musicisti?
La scelta dei dischi da fare uscire è un processo naturale che parte principalmente dalla musica in sè. Sembra banale a dirsi ma sentite certe uscite che si trovano in giro credo che spesso venga prestata attenzione più al contenitore che al contenuto. Spesso gli artisti che ho prodotto li ho cercati di persona, altre volte mi si sono proposti loro. Be Invisible Now! l’ho conosciuto quasi per caso grazie ad una amica comune, e chiaccherando mi ha parlato della sua passione per i synth analogici e certa musica di derivazione kraut/cosmica, gli ho chiesto di sentire qualcosa di suo e l’ho voluto assolutamente tra i miei artisti. Satan is my Brother è apparso dal nulla, ho scoperto solo dopo aver sentito le musiche che in realtà dietro c’erano due amici degli Yellow Capra. Father Murphy invece li conosco da sempre grazie al Madcap Collective e quando ho sentito i provini del loro disco gli ho proposto di uscire per me.  Tutti gli artisti con cui lavoro hanno in comune qualcosa, qualcosa che mi ha fatto scattare la molla “boring”, che non si identifica con un genere particolare, si va dal cantautorato di My Dear Killer e i Morose, all’ambient cosmica di Be Invisible Now!/Be Maledetto Now! ai pezzi picchiatissimi dei Fuzz Orchestra. In tutti questi gruppi ho visto un caratteristica comune, un fondo di disagio, di tristezza, sia essa manifestata attraverso la rabbia e l’astio, sia essa rappresentata attraverso la rassegnazione o la fuga.
Molto importante nel rapporto tra Boring Machines e i suoi artisti è la stima, l’amicizia e la condivisione di alcune idee e modus operandi. Visto che Boring Machines è un hobby, e tale rimarrà sempre per non dover mai scendere a patti con certe regole del mondo del businnes, voglio che sia soprattutto un piacere occuparsi dell’etichetta, ne consegue che non ci devono essere situazioni stressanti legate al denaro o al lavoro da fare. Ho scelto di lavorare da solo per non avere mediazioni sul campo artistico e su quello economico, se un progetto è valido per me, è fatta. Tutti gli artisti che ho prodotto finora li conosco di persona o li conosco via web da un tempo sufficiente da poter pensare che sono persone ok. Di solito se c’è un disco che mi piace e lo voglio fare uscire, ci si trova, se ne parla e si procede. Per me è importante che l’artista abbia la massima libertà nelle scelte artistiche, dalla musica alle grafiche, alle foto che lo rappresentano. Non ci sono imposizioni.

 

5) Cosa pensi delle coproduzioni?
Ne penso tutto il bene possibile e ne faccio spesso. Boring Machines è nata con una coproduzione (My Dear Killer) e ne ha fatte altre per Expo’70, Morose, Fuzz Orchestra, Above the Tree, Luminance Ratio e Claudio Rocchetti. Mettere assieme le energie e gli entusiasmi di spiriti affini fa bene ai dischi che si fanno uscire, gli si garantisce una presenza sul territorio più omogenea ed una visibilità maggiore. Ho notato che a volte le coproduzioni sono recepite come dischi di serie B dalla stampa, quasi che se non c’è una singola entità che si fa carico di tutta l’operazione vuol dire che il prodotto non è valido. Trovo che sia una grande cazzata, visto che nei casi ai quali ho partecipato c’è stata quasi la corsa ad accapparrarsi la quota di dischi da portare a casa vista la bontà del prodotto. L’ultima co-produzione esce proprio in questi giorni, uno split LP tra Above the Tree e Musica da Cucina, un’orgia di etichette che concorrono a produrre/promuovere questo disco fighissimo registrato dal vivo al Castello Medievale di Itri dove i ragazzi di Brigadisco e Lothar Produzioni stanno facendo davvero un ottimo lavoro in una zona che definire disagiata è un eufemismo. L’album esce in una confezione stupenda con dei disegni ad opera di Rocco Lombardi di Lamette Fumetti, un piccolo gioiello!
Operando così tra l’altro, in Italia e all’estero, si riesce a garantire una maggiore diffusione del disco sul territorio e questo va a vantaggio dell’artista, che è la missione principale di fare uscire dei dischi. Ad esempio il lavoro condotto con Father Murphy: il disco è uscito inizialmente per Boring Machines in CD e NO=FI in cassetta, poi la Aagoo statunitense l’ha ristampato con un packaging diverso negli States, poi abbiamo co-prodotto la versione in vinile e nel frattempo il gruppo ha goduto del massimo della promozione sia negli States che in UK dove sono stati invitati a ResonanceFM e Cafè Oto, due situazioni sponsorizzate da The Wire. Guadagno totale dell’operazione? Poco più che zero, ma in termini di soddisfazione, enorme.

 

6) Quali pensi siano state, analizzando questo primo spaccato di uscite, le produzioni migliori targate Boring Machine? Quali le peggiori?
Non mi è possibile fare una analisi di questo tipo, amo ogni mia uscita come un figlio. Come è normale che sia qualche figlio gode di maggior favore per motivi diversi, e qualche figlio si è fatto strada nella vita in modo migliore.
Se vogliamo parlare di dischi ai quali sono maggiormente affezionato, direi che My Dear Killer, la mia prima produzione la considero ancora adesso un disco unico nel panorama cantautoriale e che in un certo modo ha anticipato le tendenze in arrivo dagli States in questa ultima stagione.  Whispers for Wolves è il disco meno fortunato di tutti dal punto di vista vendite, è arrivato in un momento nel quale non ero ancora strutturato a sufficienza per promuoverlo a dovere, ma è un disco assolutamente intransigente che non fa prigionieri, mi piacerebbe che tutti i dischi avessero quello spirito, è un disco che negli anni continuerà a crescere e confido nel fatto di vederlo su ebay per centinaia di euro entro qualche anno. Altri dischi hanno avuto maggiori fortune e hanno goduto di una buona esposizione regalandomi delle grosse soddisfazioni: lo split tra Expo’70 e Be Invisible Now! è andato sold out in pochi mesi negli States e ne conservo ancora poche copie, Father Murphy come dicevo prima, è un gruppo in costante ascesa, Punck nel 2008 fu scelto da The Wire per finire sulla loro famosa compilation The Wire Tapper in allegato al giornale… insomma la qualità in un modo o in un altro viene sempre premiata.
Il disco del momento è sicuramente Be Maledetto Now!, uscito questo inverno dopo una faticosissima gestazione a livello pratico. Le recensioni in arrivo sono ottime, Blow Up li ha inseriti in un articolo che parla della scena New Age Punk e Andrea Prevignano di Rumore, dal sito di radiodeejay ( !!! )  e sul giornale, ne parla come uno dei dischi dell’anno. Be Maledetto Now! sono stati invitati a suonare al Netmage 2010 e saranno sul main stage Sabato 23 assieme ai Cluster, padri della Kosmische music a cui strizzano l’occhiolino nei loro dischi Be Maledetto Now! .
Le ultime uscite in ordine di tempo che mi inorgogliscono parecchio sono Claudio Rocchetti, fatta ancora una volta in coproduzione (con Wallace Records, Presto?! e Holidays Records) e Mamuthones, progetto solista di Alessio Gastaldello, fondatore ed ex batterista dei Jennifer Gentle, un disco del quale vado molto fiero, un mix di religiosità, paganesimo e mistero sotto forma di drones di organo, voci stranite e marziali inserti di batteria krauta.

 

7) Con chi vorresti collaborare?
Con un sacco di gente credo, ci sono moltissime belle cose li fuori, io lascio che le cose succedano e quindi vedremo cosa riserva il futuro. L’unico nome che mi sentirei di fare è Jesse Edwards/Red Morning Chorus che ho conosciuto negli States e mi piace un sacco. Purtroppo l’uomo è restio a pubblicare la sua musica e non è mai andato oltre la manciata di cd-r autoprodotti pur avendo le capacità di fare dischi di altissimo livello.

 

8) Come vedi la scena musicale italiana?
La vedo bene, almeno quella che seguo io. Se è pur vero che in alcuni generi musicali siamo sempre alla rincorsa di questo o quell’altro trend, è altrettanto vero che in Italia esistono moltissimi progetti/comunità che spaccano il culo alla grande. Penso a tutto quello che fa Bruno Dorella con OvO, Ronin, Bachi da Pietra con stili diversi e uniforme qualità, oppure ai lavori che vedono coinvolto Xabier Iriondo o alla comunità più o meno noise che si muove da Milano a Bologna a Ravenna al Nord-Est. Penso ad Afe Records di Andrea Marutti che ormai da quindici anni diffonde la migliore musica elettronica nazionale ed internazionale, penso a Bob Corn, ai Three in one Gentleman Suit in Emilia, agli ZU o al giro NO=FI a Roma, a moli altri che hanno preso armi e bagagli e se ne sono andati in giro per l’Italia, l’Europa, il mondo in alcuni casi, a suonare e promuovere la propria musica. L’esterofilia di alcuni media a volte è imbarazzante, lo stesso vale per i promoters. Volendo raffrontarsi col mondo della musica internazionale è ovvio che bisogna mettere in conto che tra tanti musicisti ce ne siano tanti anche di più bravi, ma osannare “Adult Life” di Carlos Giffoni o i dischi di Oneothrix Point Never, quando in Italia c’è Be Invisible Now! è un insulto alla ragione. Non parliamo dell’hype attorno ai Fuck Buttons che è semplicemente ridicolo visti i contenuti del disco, potrebbero fare le basi per il prossimo della Pausini.
La scena italiana pecca di poca autostima, di scarsa coesione (l’aiuto reciproco tra band) ma è soprattutto tradita dal mancato supporto dei media, che a volte confondono l’internazionalizzazione con l’esterofilia.

 

9) Come vedi la scena live italiana?
Questo è un tasto un po’ dolente, purtroppo negli ultimi mesi abbiamo dovuto salutare definitivamente realtà importanti della musica live come il Tagomago di Massa, il Kroen di Villafranca (VR) e anche L’Esposta di Verona. A Treviso dove vivo io non ci sono più locali interessanti per la musica dal vivo e la tendenza è comunque quella allo sfaldamento del tessuto dei locali dove si fa musica dal vivo di un certo tipo. Certo rimangono i pub, i “localacci” dove si suonano sempre le stesse cose ma alcune fasce più “deboli” trovano sempre meno spazi dove suonare. Le cause vanno cercate nel fatto che ormai tutto deve creare indotto, visto che a livello istituzionale si promuove poco e male, ed è naturale che il miglior gruppo del mondo che non abbia però il consenso del grande pubblico, non crei reddito e non sia interessante per un locale. Qui si dovrebbe fare un pippone galattico su cosa sia giusto fare, chi andrebbe promosso e chi no… ma sarebbe una carneficina da forum quindi meglio lasciare le cose così. Per fortuna ci sono ancora un sacco di musicisti volenterosi che si accontentano, e un sacco di piccoli locali che cercano di dargli spazio, house show estemporanei in scantinati, garage, appartamenti che fanno si che la scena si mantenga viva. A questo proposito mi sento di dover nominare posti come L’Esposta di Verona e il Veronika Club di Parma, lo Zuni a Ferrara, Santandreadegliamplificatori a Bologna, la Cantina Mediterraneo a Frosinone, il Flat a Mestre, il giro Pulse a Padova e Codalunga a Vittorio Veneto per essere tra coloro che continuano a proporre con coraggio cose di qualità.
Nel corso del 2009 ho potuto assistere a più di un centinaio di concerti, certo bisogna sbattersi un po’ e muovere il culo dal divano o da Facebook, ma la soddisfazione è enorme.

 

10) Progetti futuri?
Nei primi mesi dell’anno ho da promuovere le uscite targate Dicembre/Gennaio sia in Italia che all’estero quindi ho un bel po’ di lavoro da fare.
A Marzo 2010 farò uscire un disco per K11/Pietro Riparbelli & Philippe Petit (BipHop Records/Pandemonium Records, Strings of Consciousness)  che è uno dei miei miti. E’ una grande soddisfazione poter lavorare con due artisti così bravi e il fatto che si siano approcciati loro a Boring Machines mi riempie di orgoglio.
Un altro dei progetti in cantiere è trovare il modo di trasferirmi in un posto un po’ isolato, o geograficamete o acusticamente, e fare in modo che Boring Machines diventi al contempo etichetta e anche un posto dove proporre musica dal vivo, di nascosto dalle orecchie indiscrete che comunque non capirebbero.