El Gallo Rojo Records

Quattro chiacchiere digitali con i membri del Collettivo El Gallo Rojo

 

 

 

 

 

Di Marco Paolucci

uccio12@hotmail.com

20/10/2009: II collettivo El Gallo Rojo è una delle realtà che da qualche anno a questa parte è entrato nella scena musicale italiana attraverso curati lavori – a partire dalle splendide copertine – che si esplicitano in album di contaminazione tra musica klezmer, jazz e rock d’avanguardia. Kathodik ha voluto approfondire la conoscenza con questa interessante realtà sonora facendo quattro chiacchiere digitali con Nelide Bandello e Beppe Scardino.

 

1) Come nasce il nome El Gallo Rojo, l’idea dell’etichetta
indipendente e del collettivo?
Da un viaggio in Messico, nel corso del quale Danilo Gallo e Zeno De
Rossi hanno partorito la felice idea di fondare l’etichetta e, allo
stesso tempo, fondere i loro cognomi in un epiteto degno della guerra
civile spagnola. Si tratta di un collettivo: un’etichetta di
musicisti, alla cui attivita’ tutti contribuiscono sia sul piano
artistico che su quello organizzativo e pratico. Cio avviene non con
lo spirito della compartecipazione azionaria, ma con quello della
condivisione di un progetto ideale.

2) L’etichetta presenta svariate formazioni e collaborazioni tra
musicisti di diversa provenienza ed attitudine; come vengono decise le
incisioni?

I progetti del collettivo nascono per iniziativa dei musicisti stessi.
Lo stesso, quando i tempi sono maturi, avviene per le sedute di
registrazione. Esse, una volta ultimate, vengono proposte al
collettivo. La decisione avviene in maniera collettiva: all’ascolto
segue un confronto che si chiude con una vera e propria votazione.

3) In pochi anni l’etichetta può vantare un catalogo notevole. Ci sono
album che ritenete più riusciti di altri?

Dal punto di vista artistico, immagino che ognuno dei membri del
collettivo abbia le sue preferenze – dovute a ragioni progettuali,
estetiche, di gusto o di istinto – ma la risposta è no.
Dal punto di vista discografico, ci sono album che vendono di piu’ ed
altri che vendono meno. Cio’ è un risultato di molti fattori, alcuni
dei quali non positivi: ad esempio, la difficoltà a mantenere una
costante attivita’ live da parte dei gruppi più sperimentali. Non si
tratta, quindi, di un metro di valutazione del “successo” delle nostre
pubblicazioni.

4) In che cosa si differenzia l’etichetta Punto Rojo?
Il Punto Rojo e’ la nostra sub-label: un contenitore con minori
vincoli e maggiori opportunita’ di autogestione. Esso fornisce, da un
lato, l’opportunita’ di qualche pubblicazione extra, dato che abbiamo
fissato un tetto massimo di uscite annue de El Gallo Rojo; dall’altro,
e’ un’iniziativa low-budget che consente di pubblicare lavori
“anomali”: bootleg, registrazioni casalinghe particolarmente riuscite,
progetti in divenire o incontri estemporanei

5) Particolare di El Gallo Rojo è la cura che ogni produzione reca
sia nell’estetica che nella fotografia delle produzioni. Come avvengono
le scelte per la grafica degli album?
Massimiliano Sorrentini è un musicista del collettivo, ma anche il
nostro coordinatore grafico: realizza direttamente parecchi dei nostri
lavori, propone collaborazioni con gli artisti visivi che più stima,
raccoglie le eventuali proposte dei musicisti

6) Come vedete la scena musicale italiana? Con chi vi ritrovate, vi
sentite più affini?
La scena italiana e’ ricca, ma frammentaria. Ha prodotto altri
collettivi affini al nostro, anche se quasi tutti seguono differenti
modalità di produzione o direzione artistica. Penso a Bassesfere
(Bologna), Axè (Livorno), Improvvisatore Involontario (Sicilia, ma non
solo), Setola di Maiale (Friuli), FAME/IATO (Roma), per citarne
alcuni. C’e’ poi una serie di musicisti più o meno noti che collabora
strettamente coi musicisti de El Gallo Rojo: tra gli altri, Franco
D’Andrea (del quale abbiamo appena pubblicato l’ultimo lavoro
discografico
), Gianluca Petrella, Giulio Corini, Francesco Bearzatti,
Daniele D’Agaro, Mauro Ottolini, Tiziana Ghiglioni, Emanuele
Maniscalco. Alcuni di noi frequentano certe aree del rock creativo,
della canzone d’autore o della libera improvvisazione. Insomma, ci
sentiamo affini a tutti quegli artisti che siano trasversali rispetto
ai linguaggi e ai generi, e tengano le orecchie bene aperte.

7) Come vedete la scena live italiana? E quella internazionale?
In Italia è molto difficile proporre la propria musica, specialmente
se si persegue un percorso di ricerca personale ed alternativo. La
maggior parte dei festival – non solo quelli nazionali – puntano ad
scrivere i grandi nomi sul cartellone. Altrove, tuttavia – pensiamo,
ad esempio, al Nord Europa – c’è un sostegno molto maggiore per gli
artisti emergenti nazionali, che hanno accesso diretto a canali
preferenziali ed al sostegno economico per i concerti. In Italia non
succede nulla di tutto questo; si assiste, anzi, a gravi forme di
provincialismo e di esterofilia, alimentate da una legge scellerata
che agevola gli artisti stranieri – soprattutto gli americani – in
materia fiscale. Non è difficile immaginare quanto questo ci
penalizzi.

8) Progetti futuri?
Proseguire il nostro lavoro di musicisti e produttori con costanza.
Abbiamo molti dischi in cantiere, siamo autofinanziati ed ognuno di
noi svolge una mansione precisa. C’è molto da fare!