Doink ‘Speak Like You Eat’

(Autoprodotto 2009)

Full lenght d’esordio per i Doink, trio padovano attivo ormai dal 2003 e con alle spalle un’intensa attività live e un demo datato 2006. Registrato interamente in analogico dalle sapienti mani di Giulio Favero, il disco suona sporco e verace quanto basta, duro ma giocoso, nella scia del funky – rock dei primi Red Hot Chili Peppers e dei Primus, con puntate frugali verso territori hardcore ma sempre contraddistinte da una solarità di fondo.

Il disco è incentrato sulla figura di Joe Jay, personaggio partorito dalla fantasia del gruppo e del quale i tre narrano le vicende in modo che attraverso le sue storielle di alcol, donne e party l’ascoltatore possa farsi un’idea del Doink – mondo.

The Brand New Bicycle apre al fulmicotone il lavoro dei tre, con una ritmica assolutamente irresistibile sulla quale la chitarra disegna volteggi gracidanti impetuosi. Black Dog introduce la figura di Joe Jay nel disco, qui mostrato nella sua ordinaria vita di ozio e vino. Doink è funky declinato ai tempi dell’hard rock, seguendo alla lettera la lezione di Kiedis e compagnia. In Toy Boy torna a farsi vivo Joe, qui smascherato della sua natura di giocattolo effimero. In Driven By Black Holes invece alla vita di Joe si aggiungono altre due componenti: l’amore per i motori e quello per le donne, all’insegna di un ritmo incalzante ma più sottilmente oscuro. The Brown Cow è la strana storia di una mucca senza latte, un’altra delle singolari passioni di Joe. La Salsiccia sposta la narrazione in prima persona, come se fosse Joe a imbracciare chitarra e microfono e comunicare al mondo la sua verità. Doinkaroo (Tango Delta Charlie) narra di un sabato sera di follie tra Joe e l’amico Gym Ralph. Con The Time To Get Enough Joe sparisce per un po’ dall’azione prima di ricomparire per il gran finale di Joe Jay And His Knife, strampalata descrizione del rapporto d’amore di Joe con il suo coltello…

Nel complesso il disco si lascia ascoltare con piacere, in più l’idea di nascondersi dietro la figura di Joe Jay è interessante e se sviluppata adeguatamente avrebbe potuto dare vita a un vero e proprio concept. Oltre a ciò, la musica rimane troppo monoliticamente ancorata a sé stessa e dopo le prime tracce mantenere alto il livello dell’attenzione non è impresa facile. Un po’ acerbi, ma ne può venir fuori qualcosa di buono.

Voto: 6

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