Arbouretum ‘Rites of Uncovering’

(Thrill Jockey/Self 2007)

Gli slanci indie-rock(ers) degli Arbouretum pervengono dritti-dritti alle orecchie dalla città di Baltimora, in pieno Maryland. Il loro esordio discografico, “Long Live the Well-Doer”, arriva nel 2004 per merito di Dave Heumann: musicista che cela un innato senso poetico, sia nella composizione, sia nel canto e che rappresenterà per la band il principale faro-guida di tutta la ‘famiglia’ ed in particolare di “Rites of Uncovering”. Va detto, sin dalla partenza, che gli Arbouretum, a cominciare dal loro mentore, simbolizzano una realtà in assoluto ‘mobile’, la quale componente presenta artisti impegnati costantemente con altre avventure musicali, affini e non alla sigla in questione. Parliamo di nomi che hanno stretto collaborazioni e militato tra gli Human Bell, i Television Hill, The Anomoanon, Frenemies e Lungfish, senza tralasciare, poi, il rilevante sodalizio agli esordi di Heumann con un Bonnie “Prince” Billy in pieno stile (alt) country e Cass McCombs; entrambi punti di attrazione che nel corso dello stesso disco vedremo come per incanto divenire materia omogenea, corpo integrale ed evocativo, note d’incandescente magia. Ballate dal gusto pastoso, notturno, intrise fin nel midollo di malinconia blues e vivacità pop.
Il sottoscritto ha chiuso gli occhi e incontrato-sognato piacevoli lidi sonori che si orizzontano tra il blues-rock melodico e ‘straziato’ di Signposts and Instruments; l’essenza bucolica e folk congiunta con pathos in Tonight’s Jewel; il doloroso incedere di Pale Rider Blues, ancora una volta, radicato nella stesura di un doloroso grido BLUES.
Ma poi, seguendo un articolato sortilegio, si viene catapultati all’interno di ‘sfizioserie’ armoniche, di chiara ispirazione pop (Ghosts of Here and There, la trasognata Mohammed’s Hex and Bounty) e dentro intarsi cantautorali le cui note, come una macchina del tempo, ci trasmigrano in un’arida e introversa (vecchia) America. Simboli musicali, soffuse annotazioni, impalpabili tracciati che bene rievocano il passato di Bob Dylan – in piena verve elettrica – e il presente di Mark Lanegan.
L’estate è prossima e non perdete l’occasione di ‘assaggiare’ queste perle, cariche di una semplicità disarmante e di una poesia struggente, distesi sotto un vellutato manto stellato, abbracciati da un caloroso e infinito falò.

Voto: 8

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