A Thousand Lights In A Darkened Room

“A THOUSAND LIGHTS IN A DARKENED ROOM”

autore: Black Light District

etichetta: Eskaton

anno di pubblicazione: 1996

con: Peter Christopherson, Otto Avery, John Balance, Drew McDowall, Louise Weasel, Jenny De’Ath, John Absolom, Rufus Pool, Dan Hyde.

Dai Throbbing Gristle a questo disco, attraverso Psychic TV e Coil, il percorso di Peter Christopherson è accidentato da eventi, anche contrastanti tra loro, che racchiudono molto di quanto, in musica, è stato ordito negli ultimi trent’anni. Basta girare intorno agli episodi principali e troveremo l’industrial dei primi, l’attitudine lisergica dei secondi e le tendenze dark dei terzi. A Thousand Lights In A Darkened Room, accreditato ai fantomatici Black Light District (che in realtà sono solo un’emanazione allargata dei Coil), compendia quanto detto e molto altro. Dal Cage rovesciato inizialmente in Unprepared Piano al funereo goticismo finale del requiem Chalice è tutto un susseguirsi di citazioni e osservazioni che investono il montaggio concreto, Green Water, la canzone visionaria alla Julian Cope, Refusal Of Leave To Land, l’elettronica in odore di Kraftwerk, Blue Rats, oltre all’inevitabile miscela post-industrial che infiamma Red Skeletons, le due Stoned Circular, Die Wölfe Kommen Zurück, Cold Dream Of An Earth Star e Scratches And Dust. Cos’altro dire se non del profondo senso spirituale e del cupo monito di morte che trasudano da tutto il disco. Eppure si tratta di una morte e di un misticismo mitigati, come lasciano intendere le immagini di copertina, da un altro mistero qual’è quello dell’allucinazione (solo qualche anno dopo, con Time Machines, è arrivata anche l’indagine sonora intorno a quattro sostanze stupefacenti). Un aiuto non indifferente alla comprensione è dato dalla pletora dei ringraziamenti e dalla dedica alla memoria di Bruce Gallagher, Leigh Bowery, Wavey Davey / Emma, Steve Abbott, Spud Jones, Derek Jarman e Richard Highgate. Impossibile non capire.