Teenage Kicks Volume 1

Kathodik dà il benvenuto ad una nuova rubrica e ad un nuovo collaboratore

 

di Michele Benetello

 

Si, proprio come il singolo degli Undertones. Band tutto sommato di seconda fila tra le trincee e i campi di battaglia del 1977 e dell’immediato bailamme che ando’ a dipanarsi. Eppure tre minuti tre perfetti ai quali molti oggi (Idlewild e parte del carrozzone new rock revolution) vanno ad abbeverarsi, oltre che – cosa ancor più importante – IL singolo per eccellenza di Sua Maestà John Peel (abbiamo tutti il suo santino appiccicato da qualche parte, nevvero?). E allora sia. E spero vi troverete fragore, curiosità, percuotimento emotivo e pure un po’ di schifo malcelato nel veloce tapis roulant che, con cadenza più o meno fissa, andremo a srotolare in questi pixel digitali. Ragazzini in fibrillazione e vecchiacci con ancora del sale in zucca e veleno nelle vene, singoletti da 500 xerox copie, qualche nome dalla discreta digeribilità, pop, schioccar di dita, nuove facce che timidamente emergono e contatti che potrebbero rivelarsi utili. Spariranno quasi tutti nel breve volgere di qualche luna, eppure la speranza è di vederne qualcuno graffiare le zone basse delle classifiche o rimanerci invischiato tra le dita. E, last but not least, addirittura una serata indie alla quale speriamo prima o poi di vedervi (dove e quando? Ve lo diremo, statene certi). E’ questo ciò che vogliamo, vero? Per Coldplay, U2 e McDonalds ci si può sempre rivolgere altrove.

PAULA KELLEY Nothing/Everything – Cd Stop, Pop And Roll Rec. Il pop di ieri, quello delle grandi trasmissioni televisive, quello che in USA era Hullaballoo e da noi Canzonissima; quello che mischiava il beat alla Motown, quello che aveva una enorme capacità melodica e Phil Spector dietro al banco a smanopolare. Il pop di ieri, rivisto con gli occhi, le dita e la sensibilità di una giovane americana. Paula Kelley viene da Boston e si è fatta le ossa in una infinità di band, lei ci cita soltanto gli Hot Rod e i Boy Wonder, anche se i consueti 15 secondi di notorietà arrivarono con la meteora Drop Nineteens. La prova solista di questa graziosa fanciulla porta però altre scarpe. Nessuna urgenza che fu caratteristica delle Gocce, e nemmeno lo sferragliare delle chitarre. Nothing/Everything srotola ottimo pop armonico che omaggia i Carpenters, il power pop, ricami del Dio Phil di cui sopra e qualche orma brit quali Catatonia (Nothing) o Velocette (You Gonna Make It?). Delicata, dal preciso senso armonico e dalle melodie squillanti, qualche furtarello soul e una buona propensione alle accelerate, la nostra si dimostra equilibrata chanteuse. Il tutto viene dimostrato da tracce quali Two Possible Answers (The Road) e dagli omaggi Smiths/60es di Lucie. Certo, non passa sicuramente da queste parti il futuro del rock, epperò una sana, piacevole, divertente e – perché no? – nostalgica oretta, vi fila via lasciandovi un un retrogusto dolceamaro che vi fa venir voglia di schiacciare il tasto repeat.

www.stoppopandroll.com

JOAN OF ARC So Much Staying Alive And Lovelessness – Cd JadeTree/Goodfellas

Avviene spesso che un’etichetta forgi un suono immediatamente riconducibile ad essa, e senza scomodare vetusti paragoni con la Decca o la Motown basterà ricordare, in tempi a noi più recenti, i minuscoli casi della Factory o della Sarah. E’ successo, e sta succedendo ancora con la JadeTree. Parecchi gli estimatori, ancor di più gli accumulatori indefessi del catalogo. I Joan Of Arc dei Signori Kinsella sono la dimostrazione lampante del gusto rurale e sommesso del rooster. Non propriamente la mia tazza di the, ma è difficile, per i convertiti, rimanere indifferenti alle uggiose e indolenti pennellate acustiche emanate da So Much Staying Alive And Lovelessness. Una title track che frigge di alt-country; una The Infinite Blessed You che è perfetta intersezione tra Eagles, valium e Steely Dan d’aperte campagne; un pop retroverso ch’esce dai canali di Perfect Need And Perfect Completion; una dolceamara Olivia Lost, che sa di Nashville e pannocchie messe a cuocere  sotto il sole cocente, e una appena tratteggiata Mr. Participation Billy, con organetto da fiera di paese e gusto ottocentesco. Certo, v’è pure della difficile digeribilità (Diane Cool And Beautiful; Hello Goodnight Good Morning Goodbye) e non ce la sentiremmo di farvelo assumere sotto la calura estiva (non lo farò nemmeno io). Magari riponetelo negli scaffali, pronti ad abusarne durante le prime brume. Un pochino più oscuri e troveremo scritto Joan Dark sulla costina. Distribuisce Goodfellas…

…Così come distribuisce THE ANGELS OF LIGHT Everything Is Good Here/Please Come Home – Cd Young God Records Me lo ricordo Michael Gira. Lo si chiamava il poeta muratore, quando – miodio! – ormai molti anni bisestili orsono, approntò gli Swans dopo la meteora d’alta caratura chiamata Circus Mort. Ne ricordo le plumbee atmosfere, l’aria gravida di foschi presagi, tracce che facevano male, che strattonavano un’anima tormentata. Ne ricordo pure una deliziosa versione di Love Will Tear Us Apart dei Joy Division, che sembrava continuare sui sentieri che Curtis & Hook avevano improvvisamente abbandonato. L’avrei ben udita pure su Still. The Angels Of Light è un’altra faccia di Gira, la faccia che ha imparato a convivere con i propri demoni, che li imbottiglia e li accartoccia negli spartiti invece di farsi dilaniare da essi. 11 tracce di bellissimo finto (finto nel senso che ne conserva talune caratteristiche, la sinuosità delle forme, il contorno degli occhi, ma s’avviluppa su ben altri presagi) pop noir. Loop di chitarre very 80es in Sunset Park, un Nick Cave a tagliarsi con le lamette nel bagno casa di Johnny Cash in All Soul’s Rising, una splendida Palisades, un’evocativa Kosinski e una What Will Come che scartabella in casa Death In June.

CLUB8 Spring Came, Rain Fell – Cd Labrador Records Sull’onda di quel pop tenue, capeggiato da tempo immemore dai geniali Saint Etienne, s’è da tempo accodata (sia inteso in senso più che positivo, non è che si finisca al posto dei Korn con siffatte sequenze) la Labrador, etichetta svedese dal rooster più che interessante. Club8 è un duo sulla scia di Cardigans, ma le similitudini si fermano soltanto su parte della line up. Loro giocano con i 60es della Bardot, li dilatano, spolverandoli di piccoli spruzzi tristi, si fanno prendere per mano dai citati Saint Etienne (Spring Song), copulano con pop scozzese e Julee Cruise in un letto ghiacciato (We’re Simple Minds), offrono acquerelli Belle & Sebastian in guisa elettronica finchè le 12 tracce del lavoro sfiniscono il vostro lettore. Piacerà, e molto, a chi segue con impeto certo riverbero pop a metà tra le tenui elettronicherie à la page e un gusto acustico caro a Sarah e Shinkansen.

www.labrador.se

ODDFELLOWS CASINO Yellowbellied Wonderland – miniCd Pickled Egg Records Il suono del nord. bastano pochi brani per rimanere ammaliati dalla soavità degli Oddfellows Casino, quartetto di Brighton avvinghiato sul songwriting del talentuoso David Bramwell, quivi coadiuvato – oltre alla band – dal cameo di lusso di Jason Pegg dei Clearlake. Tracce minimali, serene, dal piglio quasi N.A.M., con radici di lusso in Eyeless In Gaza, Lotus Eaters, Nick Drake, Robert Wyatt. Sapete già cosa aspettarvi, invero, ma non v’è traccia, in questi solchi, dell’insopportabile supponenza di Kings Of Convenience e pseudo acustici vari. Intendiamoci, nulla in contrario verso i tizi di Toxic Girl, è l’attitudine che fa la differenza. Bramwell non fa bella mostra di didattiche calligrafie, non fa parte di nessun trend cerebral-musicale ed ha una capacità non comune nel porgervi gli acquerelli di seta. Se foste già inclini alle sonorità e non le rifuggiste come la peste sappiate che Giant Redwoods è stupefacente nella sua semplicità, Some Corner Of The Evening riporta a Josef K e Orange Juice, Road Movie strappa la lacrimuccia e The Last Great Day ha un afflato che rimanda ai Jack. Ancora: del buon, vecchio Simon & Garfunkel sound in Put The Bird To Sleep e Arthur, Who Drowned In His Sleep. Soft Pop cum grano salis.

www.pickled-egg.co.uk

BLAINE L. REININGER Broken Fingers – Cd Les Temps Modernes/Wide Riedizione dell’esordio solista del Signor Luna In Frac, originariamente edito nel 1982 su – ovviamente – Crepuscule, aiutato nell’occasione, dai solidali Steven Brown e Peter Principle. I fans l’avranno negli scaffali da(l) tempo, gli altri – quelli che mai hanno potuto godere dell’elettrica emozione dei Tuxedomoon – potrebbero cominciare il percorso d’avvicinamento grazie a questo recente documento. Vi si trovano una quindicina di tracce che profumano dell’afflato della casa madre (la title track, Gigolo Grasiento) o che lambiscono ciò che (per approssimazione, per difetto, o solo per dare delle coordinate) potremmo chiamare world music (Nur Al Hajj, bellissima; Petit Piece Chinoise). Completano il dischetto le immancabili tracce bonus, in questo caso: Playin’ Your Game, originalmente edita su 12” nella quale Reininger coverizza Barry White (!!!) e un terzetto di demo dei Tuxedomoon.

Jnice@ltmpub.freeserve.co.uk

TRAVOLTAS/STINKING POLECATS …Eat My Dust – Cd Wynona Records E’ l’italianissima (di Genova) Wynona Records a contraddistinguersi nel portare avanti la precisa scelta di pubblicare alcune tra le migliori formazioni di punk melodico/power pop del globo. Tacendo dei mirabolanti Hymans (servi devoti dei Ramones) anche questo split tra gli Yankees Travoltas e gli autoctoni Stinking Polecats filo dritto che è un piacere. 4 tracce a testa. Se i primi occhieggiano spesso e nemmeno tanto furtivamente ai Blink 182 (senza la puzza di bruciato e l’idiozia che permea questi ultimi), riescono comunque ad impressionare facilmente grazie ad una capacità melodica fuori del comune (Sugarride è ottimo Bignamino di Monkees, Knack e Beach Boys). Meglio, per le mie corde, i nostri Stinking Polecats, più sanguigni e veraci nell’approcciarsi al verbo rock and roll: Lipstick e I Say Yeah (For You Joey) ruggiscono bene in termini di autonomia e conoscenza della materia. Dedicare poi la seconda – senza bisogno di tanti rumorosi tributi major –  al bastione dei fratellini yankees (R.I.P., ovunque tu sia) non può che avere la mia stima incondizionata.

Scrivete ai ragazzi della Wynona, e date un’occhiata al catalogo.

www.wynonarecords.com

CLEARLAKE Almost The Same – mCd Domino Records Ne avevano parlato benissimo, giungeva dopo un discreto esordio, e in sede di produzione si scomodava persino Gemello Simone (Raymonde dei Cocteau Twins). Invece Almost The Same è sì bella canzone, dal tiro adeguato e dal mellifluo mood, eppure saltella zoppa, indefinita, acerba…Un gelato sciolto, dell’acqua troppo fredda sotto la calura estiva, un concerto saltato all’ultimo momento per le bizze dalla rockstar di turno, un numero di telefono perduto. File under: delusioni cocenti.

www.clearlake.uk.com

THE RAIN BAND The World Is Ours – mCd Fierce Panda Records

THE RAIN BAND Knee Deep And Down – mCd Temptation Records

THE RAIN BAND Easy Rider – mCd Temptation Records

In principio fu Fierce Panda, null’altro che trampolino di lancio – costruito dalla solerzia di una famosa firma d’oltremanica – per un sacco di gruppi di belle speranze (pescando a caso: Placebo, Idlewild, Ultrasound); operazione mafiosetta alquanto, ma funzionante appieno. Poi venne Rabid Badger, sorella povera dagli occhi spalancati. Ora giunge Temptation Records a dare nuova linfa al sottobosco inglese. The Rain Band è la brumosa Manchester spiegata ai giovani d’oggi; è la lotta per la supremazia con Liverpool, è l’Hacienda quando giungeva la new wave in città, è il basso di Peter Hook con le sue trame pulsanti, è l’afflato degli Stone Roses, la spavalderia dei Marion, è il contenuto degli acquedotti vicino all’Old Trafford. The Rain Band vibrerà alta nei cuori dei cultori del suono inglese; le tensioni romantiche di The World Is Ours (da questo momento nella mia playlist di fine anno) con le spirali ritmiche, e quel ricordo che mescola I Am The Resurrection a The Perfect Kiss e l’ancor più toccante side b The Runaways esige acquisti sostanziosi; più di maniera Knee Deep And Down e Easy Rider, ma ciò non inficia il valore di quei 4’07”. Poco importa se non resisteranno al passare delle stagioni (ma non ci credo) o se il debutto su esteso formato sarà pallida copia, per ora – assieme a Raveonettes,  The Sounds e My Favorite (segnatevi gli ultimi due, please) – una delle poche realtà che mi fanno salvare un (ancor parco) 2003.

www.therainband.com

CICCONE Forget Your False Mess’iahs EP – mCd Bluefire Records Ora che Bis ha cessato di battere (R.I.P.) arrivano i Ciccone a portare avanti le istanze del terzetto di Manda Rin. Buoni propositi, una sana dose di sguaiatezza, ottima scrittura e il quartetto dei Ciccone è pronto a ritagliarsi un posto al sole. Più aspri e arcigni rispetto ai Bis i nostri non mancano comunque di seguirne – in parte – le orme degli esordi; ne danno prova l’urticante refrain di Leggit, It’s The Rozzers e una saltellante title track d’hard pop. Ottimi per le piste da ballo, ne testeremo la tenuta in settembre…

www.ciccone.co.uk

KEALER Album Sampler – Cd Zomba Records Ok, lo so…e pure mi provoca qualche rigurgito; nessuna pruderia da purista…Ma, Dio mio! La Zomba è pur sempre intrallazzata con le tettine di Britney e i bicipiti di Justin Timberlake…Trovarci godibile combo come questi Kealer m’ha fatto porre qualche domanda. Alla quale non ho ancora trovato risposta, ma tant’è…Vi sono 5 brani in questo bignamino Kealer, e non si fa fatica ad evincere che – pur se fuori tempo massimo – il brit pop proposto è carino e digeribile alquanto. Tra contagiose armonie (Thru The Nose), balzelli Blur (Superman, ha un tiro della madonna!) e difettucci di personalità (On A Wheel) i 20 minuti scivolano che è un piacere. Non lasceranno traccia, probabilmente manco valgono le sterline sborsate, epperò ognuno ha il brit(ti) pop che si merita. E a me, me piace.

 

MEDIUM 21 Killings From The Dial – Cd Temptation Records L’altra grande speranza della Temptation si chiama Medium 21; non ricordo con precisione (sapete, l’età…) se In Awe Of Agriculture Ep, il loro esordio, fosse passato su queste colonne (ma propenderei per il sì), ricordo però benissimo che – nel suo divagare Fall obliquo – pur se ottimo per dei Carneadi, non lasciava supporre cotanto senno a venire. Killings From The Dial è anni luce avanti rispetto a quei primi claudicanti passi, un lavoro nel quale il nero delle tracce si mescola ad intermittente solarità, ove si viaggia a fari spenti e con lo speed in corpo, dove si fanno ballare i Tindersticks e Nick Cave siede in cabina di regia dei Boo Radleys mentre tutt’intorno cola fiele. The Plight Of Losing Out è uno dei rari minuti di pop intelligente uditi negli ultimi mesi, Daybreak Vs. Pride è come dovrebbe essere un singolo in un mondo retroverso (un suicidio commerciale dalla potenza scardinante), The Cable And The Cars è Song 2 dei Blur rifatta dai Wall Of Voodoo, Acting Like A Mirror esalta il palato e i nervi ottici, Catalyst R.U.N è torbida e melliflua e Killings From The Dial è un enorme disco di indierock moderno. In Medium stat virtus.

 

VV.AA. How To Kill The DJ (Part One) – Cd Tigersushi Records Le Pulp è un club di Parigi dove – mi dicono – imperi un caldo infernale, le bibite siano pessime, il soffitto basso, si fumi a dismisura, e gli odori corporei siano insopportabili. Eppure ogni primo venerdì del mese c’è una coda inimmaginabile di vipperia (Rocco Siffredi, tra gli altri, ma non so se debba pagare il biglietto due volte) e allucinati vari. Perché? Le 15 tracce di questo How To Kill The Dj lo spiega chiaramente. Quivi si trova la più becera, chiassosa, eterogenea, luciferina accozzaglia di electro che mi sia capitato d’ascoltare da quando imperava il balearic beat (e, nei club di Ibiza – per inciso, mai recatomi…Ho in uggia i danarosi abbronzati in cerca di rock da spiaggia – imperavano i Woodentops). Un viaggio hard dentro a nomi quali Suck, Digital Tongue, Ministry (!!) e Soft Cell (un remix di Memorabilia prossimo all’originale). Tra techno stroboscopica, funk drogato, rimasugli EBM e sgroppate digitali la raccolta vi porterà il vostro rave privato in salotto. Non la mia Cup Of Tea (ho già dato, grazie) ma gran bella selezione psicotropa.

www.tigersushi.com

SCHMOOF Bedroom Disco – Cd Angelika Koehlermann Records Disco Dancing, Chocolate Boyfriend, Cocktail, Kinky Spaceman, Popstar…Questi alcuni dei titoli che ornano Bedroom Disco. Al che vi potrete già fare un’idea dello spirito che aleggia nei solchi; pura evasione 80es sapientemente miscelata a fremiti Saint Etienne. Insomma, la roba che oggi tira. A vederli, Sarah e Lloyd, paiono dei Krisma sadomaso giovani, pimpanti e scambisti. Ad ascoltarli, invece, spesso cola melassa diabetica; certo, v’è del buono, del trash sublime e della paccottiglia. Ma Someday riporta al 1979 e a Superclassifica Show, una quasi discomusic tenera; Didn’t Pull è Saint Etienne e Trio assieme, Kinky Spaceman impasta Moroder e F.lli La Bionda, mentre Disco Dancing è kitsch da siparietti televisivi, Chocolate Boyfriend è davvero Ladytron imbevuto d’anni 80 e Troubleshooting Guide è Pacman sonoro, Atari e bassline compresi. Sembrano stupidi. Non lo sono.

www.schmoof.com

THE FAINT (Blank-Wave Arcade) – Cd Saddle Creek Records Danse Macabre ha guadagnato sulla stampa tutta qualcosa di più delle solite quattro righe di prammatica, ecco che allora l’interessante Saddle Creek (occhio al rooster) riedita i primi passi. L’attitudine è la stessa che abbiamo cominciato ad assimilare ed apprezzare proprio con Danse Macabre, ovvero, quella di un gruppo che plasma nel fango indifferentemente pop, elettronica ruvida e chitarre. Cos’è cambiato allora? Il modo d’offrirsi. Laddove DM (complice mestiere, maturità e ben più cospicuo budget) smussava e respingeva le aguzze e spinose tracce, attutendole in memorie ottanta, Blank-Wave Arcade tiene tutto il grezzume, lo sporco e l’approssimativo voluto. Sputano tracce, più che suonarle, i Faint. A tratti par d’udire Damon Albarn sul palco con i Devo di Freedom Of Choice (Sex Is Personal) a staccarsi i cavi a vicenda, altre volte rimembrano quello strano minestrone che, per tre secondi, la stampa inglese s’affrettò a chiamare Romo (qualcuno ricorda i Dex Dex Ter?) epperò lo insaporiscono con ronzìi Chrome; spesso taglienti e sulfurei, volutamente scarni nello stratificare quasi industrial a chitarre affilate e synth a scarti di velocità (Casual Sex). Affiora pure, dalle magmatiche bolle, un impeto dandy dal belletto sfigurato che puzza di sudore, groupies e anfetaminici Duran Duran (Worked Up So Sexual; Cars Pass In Cold Blood). E, per finire, riescono pure a fondere i primi Ultravox ai Brainiac (Call Me). Dritto in playlist, e se vi sembra accozzaglia blasfema e improbabile, tenetevi in bocca il giudizio a dopo l’ascolto.

www.saddle-creek.com