John Parish ‘How Animals Move’

(Thrill Jockey/Wide 2002)

Più conosciuto come produttore che come musicista, John Parish ha legato il suo nome alla “musa” Polly Jean Harvey, per cui ha prodotto “To Bring You My Love” del 1995, arrivando l’anno seguente a realizzare insieme a lei l’album “Dance Hall at Louse Point”. Da quel momento Parish ha portato avanti tanti altri progetti, dalla realizzazione della colonna sonora del film “Rosie” alle numerose produzioni, fra cui si distinguono “Chore of Enchantment” dei Giant Sand, “Souljacker” degli Eels e “It’s a Wonderful Live” degli Sparklehorse. E ha anche messo insieme i pezzi di questo “How Animals Move”, che rappresenta il diario dell’attività artistica di Parish in questi ultimi anni, mostrando fra le sue trredici tracce i segni evidenti delle vicissitudini e delle molteplici attività del musicista. Così non c’è da stupirsi se nel pezzo che chiude l’album, Airplane Blues, troviamo proprio lei, PJ Harvey. E neppure se l’iniziale Absolute Beauty is an Absolute Curse è semplicemente una vibrante melodia di violino registrata dalla sola Clare MacTaggart: Parish neppure c’è, quasi a voler rifiutare il ruolo di assoluto protagonista di un disco che vive delle sue influenze e collaborazioni. Oltre a quelle già citate, infatti, troviamo anche Howe Gelb dei Giant Sand, alle prese con il piano in un paio di episodi, e Adrian Utley dei Portishead, che suona nella title track, una registrazione live realizzata con una band di undici musicisti. In molti casi le canzoni mettono insieme pezzi diversi registrati nel corso degli anni e poi assemblati, come dei Frankenstein sonori. Ma per fortuna il risultato è sempre omogeneo e spesso suggestivo: El Merreon e Shrunken Man sono per esempio due quadretti in puro stile Calexico; la title-track è uno splendido strumentale post-rock; The Florida Recount è dominata dai fiati; Without Warning His Heart Stopped Beating ricorda i Rachel’s; Bernadette e Spanish Girl si basano su due registrazioni d’ambiente; Stable Life è l’elegia prima del gran finale, pop ma al tempo stesso avant, arrivando a ricordare Joan of Arc e Storm & Stress; e la conclusiva Airplane Blues è appunto un blues d’altri tempi con la voce di PJ Harvey, che chiude giustamente il cerchio di un disco a tratti un po’ derivativo ma di un’inesauribile vitalità.

Voto: 8

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