The Church ‘Parallel Universe’


(Cooking Vinyl 2002)

Mai e poi mai avrei pensato che una cosa del genere sarebbe potuta accadere. Trovarmi in imbarazzo all’idea di recensire un album dei Church, gruppo del quale sono fan accanito più o meno sin dai tempi dei loro esordi. Eppure, eccomi qua, al termine dell’ennesimo ascolto di “Parallel Universe”, ultima fatica della band australiana, che segue, a poco meno di un anno di distanza, il precedente grandioso “After everything now this”, del quale, peraltro, costituisce una sorta di appendice. Trattasi infatti di un doppio cd, che racchiude nuove versioni di buona parte dei brani che compongono “After everything now this”, remixate dal batterista e co-produttore Tim Powles, e una manciata di outtakes risalenti alle sedute di registrazione di questo.

Non sono mai stato un estimatore delle opere di remixaggio e fin dal giorno in cui ho appreso dell’imminente uscita di “Parallel universe” (prima ancora, quindi, di averlo avuto tra le mani e ascoltato) il pensiero di una raccolta di canzoni dei Church remixate (per quanto non rappresentasse una novità – il singolo Feel, tratto da Priest=Aura del 1992, conteneva ben quattro diversi mix della stessa canzone) non mi ha allettato per nulla. L’ascolto del primo dei due cd di cui “Parallel universe” consiste non ha fatto che confermare le mie perplessità.

E’ pur vero che compito di una band è esplorare nuovi territori e percorrere nuove vie e che, di conseguenza, questa nuova uscita dei Church permette di ascoltarli in una veste pressochè inedita (con la sola eccezione di cui sopra), tuttavia niente e nessuno riuscirà a togliermi dalla testa l’idea che non tanto dei Church si tratta, quanto piuttosto del solo Tim Powles che, seduto alla consolle, si diverte a giocherellare con i brani di “After everything now this”, emotivamente pregnanti e superbamente evocativi nella loro versione originale e qui del tutto rimaneggiati in uno spirito del tutto diverso, fino a renderli quasi irriconoscibili.

E così, per quanto il lavoro di Powles possa essere creativo, tecnicamente ineccepibile e in grado di suscitare l’interesse e la curiosità dei cultori delle manipolazioni sonore, conquistando alla band nuove schiere di seguaci (ma sarà poi vero?), non posso non rattristarmi nel vedere, anzi sentire, la poesia nostalgica di After Everything, gli struggimenti di Song for the Asking, i rimorsi di Seen it Coming, il lamento di This Awful Ache e la solitudine notturna di Nightfriends artificiosamente trasformati nelle trame sintetiche, aride, impersonali e talora financo astruse di, rispettivamente, Down: nostalgia and everything after, Stay all night (Kings mix), Seen it @ The Feelmore, The Deep Ache mix” e Earthfriend. Funzionano un po’ meglio Radiant 1934 remix, Replated/chromium, Let y=x (Survival mix) e Distant X Unseen, riletture, nell’ordine, di Radiance, Chromium, Numbers e Invisibile, che tuttavia restano ben lungi dall’entusiasmare e non dissipano i miei dubbi di fondo circa l’opportunità (e il senso) di questa produzione.

Tuttavia, come detto, “Parallel universe” è un doppio cd e il secondo dei due dischi offre una serie di brani registrati per “After everything now this” ma poi lasciati da parte. E qui i Church (tutti e quattro – e con i loro strumenti -, non solo uno di loro alla consolle) sanno redimersi, trasformando la mia tristezza in un sorriso, poiché queste canzoni racchiudono tutto quanto di buono il gruppo ci ha mostrato di saper ancora fare con il suo ultimo album. Ci sono le escursioni spazio/psichedeliche di 1st Woman on the Moon” e “Twin stars”, visionaria e dagli arrangiamenti più sparsi la prima, crepuscolare, più corposa e shoegazer-oriented la seconda, che richiamano alla mente Numbers e Radiance, mentre l’innocenza di Espionage, la solitudine desertica di Reward e la delicata e sfuggente Night Flower lasciano trasparire il profondo malessere esistenziale e l’insopprimibile malinconia che hanno ispirato “After everything now this”, pervadendolo con tutto il loro doloroso fascino.

Una manciata di tracce che, per quanto belle, non mi permettono comunque di consigliare l’acquisto di questo doppio cd a chiunque, in particolare a chi non ha molta familiarità con l’intera produzione dei Church. Se, invece, siete dei fanatici come il sottoscritto, non perdetelo. Lasciate stare i remix, estraete direttamente il secondo cd e sognate.

Voto: 6

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Autore: acrestani@telemar.it