Planetarium Music ‘Traditional Psychedelic Electronic Music (Planet 2)’


Alex Bundry non poteva scegliere definizioni migliori sia per quanto riguarda il nome del suo autonomo progetto elettronico rispetto agli Yume Bitsu, sia per il titolo di questa sorta di sequel sonoro della sua prima opera Cdr uscita semplicemente a suo nome. Addentrarsi nell’universo sonoro di Bundry equivale infatti ad entrare in un osservatorio stellare di zone soniche già viste, acusticamente localizzate, toponomasticamente individuate. La musica di Planetarium Music più che lanciarsi in rischiosi salti digitali nell’iperspazio o addentrarsi in sintetici buchi neri senza uscita, preferisce gravitare nell’orbita già percorsa da Tangerine Dream e Klaus Schulze. Ciò che ne risulta è appunto come suggerisce ironicamente il titolo: Musica Elettronica Psichedelica Tradizionale.
In questo caso però, a differenza di tante proposte elettroniche perse in un puro autocompiacimento ‘dei tempi che furono’, le traiettorie già tracciate non si rivelano in alcun modo un limite, tutt’altro. Più che la rivisitazione e l’aggiornamento di quegli esperimenti, ciò che colpisce in quest’album è l’altissimo grado di ‘immedesimazione’ empatica con le esperienze sopracitate. Bundry sembra utilizzare cascami di suoni glitch contemporanei (come quelle di Introduction o della finale Metal) quasi suo malgrado, solo perché questo è il linguaggio elettronico che si è trovato ad apprendere nella fase di evoluzione tecnologica contingente che si è trovato ad abitare. Basterebbe l’ascolto della sola Tribute, orchestrazione armonica reiterante stordentemente malinconica, a rendere il senso di un’intima partecipazione ai misteri dell’universo digitale. I suoi intervalli tonali ci portano più lontano di qualsiasi suono alieno di marca Warp o Mille Plateaux. La sospensione impalpabile di Neighbor è allo stesso modo capace di diradare veli sintetici ormai logori e lasciar intravedere altrove elettronici indistinti. Drones frequenziali, sintetizzatori siderali, ovattati brusii di fondo e celestiali cantilene digitali formano lo scenario galattico di quest’ultima uscita per la Strange Attractors Audio House con base a Portland.
Per fortuna alcuni guardano ancora le stelle (e negli anni 70 di stelle cosmiche di indubbio valore non ce n’erano poche), provando ancora sincera meraviglia e stupore per quelle onde luminose che giungono a noi attraversando un’infinità di anni luce. Bundry è indubbiamente uno di questi. Sarebbe un peccato non gettare uno sguardo al cielo dopo un invito tanto sentito.

Voto: 8

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