Quattro Chiacchiere Digitali con il fumettista TommyGun Moretti

TommyGun Moretti è un interessante fumettista incontrato tramite collaborazioni in eventi al Centro Sociale Autogestito Sisma di Macerata, e poi tramite il suo lavoro al tavolo da disegno, tra cui il bel volume ‘Sostanza Densa’ da poco uscito e di cui ho chiesto lumi al riguardo. Come non farci le mie consuete Quattro Chiacchiere Digitali? Detto fatto, TommyGun si è dimostrato subito disponibile a scambiarle con il suo stile “divertente e frizzante”. A voi la lettura:

Quali sono i tuoi “natali d’inchiostro?”
Da piccolo ho sempre disegnato un sacco come passatempo. Ricopiavo tutto quello che potevo e che vedevo in giro. Mi sono sempre rotto un sacco le palle alle cene tra genitori o alle sale d’aspetto e mi mettevo a ricopiare a penna o matita o sangue tutti i quadri che potevo solo per ammazzare il tempo. Avrei potuto giocare col fuoco o con i coltelli. È andata così.

Quali maestri ti hanno influenzato e continuano ad influenzarti?
Le influenze più potenti, e anche più palesi, sono arrivate da tutta la scena di Frigidaire. Un amico molto molto paziente un giorno mi ha fatto scoprire Pazienza, con ‘Pompeo’, e da lì non ho più tirato fuori la testa dal tornado. Sono stato estremamente fortunato nel trovarmi in classe con Jazz Manciola con il quale cominciammo a rimpallarci robe da vedere come in una partita a squash all’ultimo sangue. Sempre più forti, sempre più dirette agli occhi. Nel giro di poco ero circondato da immagini di Moebius, di Liberatore, di Scozzari, di Palumbo, di Mattioli. Ma anche di Toppi, di Corben, di McCay e di tantissimi altri.
Ora adesso le radiazioni arrivano da tutto, da autori e amici contemporanei, dal cinema, dai libri. Alla fine siamo una specie di imbuto stretto a forma di persona.

Come scegli i soggetti da disegnare?
Di solito cerco di lasciarmi suggestionare da qualcosa che ho visto o che ho letto. Probabilmente il risultato è la somma di quello che ho fatto negli ultimissimi giorni. Altre volte abbino cose da disegnare che mi fanno stare bene ad altre che non ho mai fatto, e ne approfitto un po’ per studiare.

Come è strutturata la tua giornata tipo davanti al tavolo da disegno?
La mia giornata tipo da precario consiste nel non avere una giornata tipo eheheh. Rispondendo comunque, solitamente passo un sacco di tempo a leggere e prendere appunti, se un attimo divago dalla lettura e immagino una scena la abbozzo al volo su dei “quadernacci” a righe spillati con animali, sport estremi oppure cascate montane, ma anche con bei fiori. Quando ho tutto pronto disegno e non mi alzo finché non ho finito, dato che non sono solito fare brutte copie (per mia pigrizia mortale) e perché gran parte del disegno è in testa. A disegno chinato, lo scansiono e lo coloro al pc.

Raccontami del collettivo Uomini Nudi che corrono.

Uomini nudi che corrono è la famiglia che mi sono scelto e con la quale sono cresciuto sia artisticamente sia come persona. I componenti sono Sdolz, Marie Cécile, Filicio, Jazz e 9dix. C’è poco da dire, per lo meno non mi viene in mente niente di ragionato, facciamo sempre quello che vogliamo fare, che siano murales, disegni, riviste, cenette, pizzette. La cosa bella dell’arte (delle arti) è che rende partecipi gli altri di una tua passione. C’è una trasmissione. Lavorare in collettiva è come stare bene sempre e, cosa gigante, insegna ad apprezzare il lavoro degli altri, perché è così che deve andare il mondo.

Come è nata l’idea della tua opera ‘Sostanza Densa’?

L’idea per ‘Sostanza Densa’ è nata lentamente nell’arco del 2018. All’inizio avevo in mente un racconto sulla rottura di un rapporto e la difficoltà a decifrare i segni dello scricchiolio di una società comparabile al nostro presente. In un secondo tempo ho letto il racconto ‘Nebbia’ di James Herbert dove c’è questa nube sulfurea che trasforma chiunque in pazzo omicida. Poi il colpo di grazie-prego è arrivato con ‘Picnic sul ciglio della strada’ dei fratelli Strugackij dal quale è stato tratto il film ‘Stalker’ di Tarkovskij; un racconto che porta il tema del desiderio in zone aliene all’essere umano.

Cosa pensi dell’autoproduzione?
L’autoproduzione, intesa come comunità, per me è sempre stata un’officina creativa enorme; la libertà espressiva abbinata ai rapporti di comunione affettuosa tra intelligenze è una bomba e mi ha aiutato a crescere un sacco e ad imparare a fare molte cose che prima non sapevo nemmeno esistessero. E le devo molto.
L’autoproduzione come tecnica, invece, è quello che è, una tecnica produttiva come un’altra con le sue peculiarità.

E i festival indipendenti del fumetto e dell’illustrazione, come ad esempio Ratatà, che ti vede tra i deus ed machina dell’associazione e dell’organizzazione?
Ahahah!!!, quando si organizza qualcosa si è più una machina che un deus. I festival sono le comunità di cui sopra, le finestre sugli studi e sulle camerette, una astroporto. Sono fondamentali perché è lì che si parla con gli amici/colleghi (amici) e ci si riconosce davvero, dal vivo. Sui social e a distanza ci si prende solo per il culo giocosamente. Questo periodo di distanza necessaria sta esasperando un po’ il giocosamente e si ride un po’ di meno. I festival mancano e manca tutta l’aria distensiva che lì si respira; sento parlare sempre più spesso di strategie e di ricominciare a correre (ma ndo’ te correrai mai?).

Parlami del progetto e rivista ČAPEK – Rivista di amenità e vita campestre, che vede tra i fautori anche Hurricane Ivan, vecchia conoscenza di Kathodik
Čapek è un’associazione a delinquere che ha tra le sue fila ceffi del calibro di Strade Bianche di Stampa Alternativa, Afa, Ctrl, Uomini nudi che corrono e Puck!. Compone un triangolo esoterico che parte da Milano e carambola tra Macerata e Pitigliano: dicono che al centro esatto dei tre punti ci sia una vecchia sorpresa delle patatine. Čapek è la rivista di tutti che ti si piazza in casa e te lo fa notare. Ogni numero vede la partecipazione di più di 120 autori e autrici formidabili da tutto il mondo. Nasce in una Yurta tra le campagne della Maremma. Vince inaspettatamente il premio migliore iniziativa editoriale a Lucca C&G 2020. Queste sono solo alcune delle leggende che girano intorno alla rivista ma in linea di massima è una rivista che si può ordinare su capekmagazine.org.

Parlami del Progetto Stigma.
Progetto Stigma è frutto dell’idea di Akab di unire gli autori in una coalizione di intenti e produrre libri sciolti dal sistema editoriale più classico, e grazie ad Eris Edizioni ci sta riuscendo. Eris è una casa editrice coraggiosa che ha dato un corpo a quell’idea e che supporta totalmente la libertà del Progetto. Una caratteristica pratica è quella che vede per ogni libro un preordine, precedente all’uscita in edicola, entro il quale chi acquista il libro sostiene l’autore che vede riconoscersi il 30% sul prezzo di copertina (contro i circa 8% canonici), e (sempre il lettore) riceve in omaggio un albo speciale compreso nel prezzo. Quest’albo speciale è un regalo dell’autore al lettore, è qualcosa di introvabile e che per certi versi rimane unico.
Altra curiosità è che l’editing di ogni libro Stigma viene fatto esclusivamente all’interno del collettivo, e lì avviene uno scambio utilissimo e bellissimo di saperi. I miei editorz-gangz per esempio sono stati Cammello, Spugna e Jacopo Starace, dei portenti.
Progetto Stigma è un collettivo che si aggira per l’editoria.

Come vedi la scena fumettistica italiana?
Tramite Skype.

Progetti futuri?
Sì.
Ciaooo!

Link: Blog TommyGun Moretti