Tajak ‘Cyclos’

(Buh 2018)

Un suono pesantemente fuzzato e sognante quello prodotto dal trio Tajak.
Lisergia distorta e bruciata, che alterna fasi battenti a dilatazioni appiccicose, arpeggi meditabondi e affondi.
I Pink in perlustrazione circospetta e cingolati shoegaze/psych come Mothers Temple fusi e meno estrosi.
Originari della bassa California, han trovato casa base a Città Del Messico e “Cyclos” è la loro terza lunga uscita.
Non cambieranno il mondo con la loro visione demodè, ma perlomeno, paion sinceramente immersi nel proprio viaggio/sballo intergalattico fatto di detriti, scorie, bagliori e accelerazioni.
A conti fatti nel loro hard sound desertico e ripetitivo, par di sentire una versione più terrena dei britannici Strobe.
Band del genere, fin quando l’essere umano avrà elettricità a profusione e un coppino da ravanar, esisteranno sempre.
Questo è un bene.
Ora, agitate lentamente le chiome al vento (o quel che resta di loro).

Voto: 7

Marco Carcasi

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