Superportua ‘Resterai sempre uno’

(Sisma/Dischi Soviet Studio/Shyrec 2018)

Fautori di un rock epico tendente al catartico (Non mi svegliare), non così consueto nel panorama peninsulare – si pensi a Giorgio Canali, che Corposcoglio porta subito alla mente – i trevigiani Superportua raccolgono in “Resterai sempre uno” nove vigorosi, se non grevi (ma non gravosi: cfr. A–Mantide) brani, duri come pugni nello stomaco. La voce stentorea del cantante Michele Romanello (come Nicola Vannini, come Miro Sassolini, come certo Piero Pelù: Credervi santi) svetta sulla chitarre di Nicola Biadene (sovente doppiate dall’ospite Daniele Rosa e rafforzate dagli archi del bolognese violento Nicola Manzan e Sergio Orso), capaci di dilatazioni alla Giardini di Mirò (cfr. Luce) come di drammatizzazioni degne della nuova onda anni Ottanta (L’ultimo giorno (di un’altra vita)); la sezione ritmica del batterista Stefano Pettenon e del bassista Fabio Tullio (anche ai cori e alle tastiere) è in questo senso fondamentale per rendere credibile una Siberia rinovellata (Permafrost, spinta in alto anche dai sassofoni degli ospiti Sergio Pomante e Alessandro Brunetta).
Le canzoni, comunque, sono tutte buone, ben suonate e sentite (cfr. Secondo amore): per i nostagici di Antonio Aiazzi e Francesco Magnelli c’è anche la “tastieristica” Il velo. Bene.

Voto: 7

Marco Fiori

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