Maisie ‘Maledette Rockstar’

(Snowdonia Dischi/La Zona Produzioni 2018)

Avendo avuto la fortuna di ascoltare diverse produzioni dei Maisie − sono in giro sonoro dal 1998: vent’anni e non sentirli – e vieppiù avendo affrontato il pantagruelico, ma non indigesto, ascolto complessivo di “Maledette Rockstar” (31, diconsi trentuno brani raccolti) una sola traiettoria artistica italica viene in mente, come possibile accostamento/pietra di paragone: Marco Ferreri. Una grande abbuffata di storia e suoni di settantanni nello stivale (geniale in tal senso Padre Pio Kung Fu master (Da PietrelCINA con furore)), orchestrati/rivisti dall’ape regina Cinzia La Fauci (Rita Pavone acida: Io sono una rockstar) e da Alberto Scotti (scrittore di storie di stra-ordinaria follia: Madama Dorè) e da Carmen D’Onofrio (mi scuserà, inimitabile narratrice “strizzapalle” oltre che vocalista d’eccezione: Certe notti o Siamo solo noi, Liga e Vasco son sistemati) e da numerosi sodali di livello eccelso (14, diconsi quattordici luminari: Alberto DeBenedetti, Andrea Tich, Donato Epiro, Emiliano Rubbi, Eugenio Vicedomini, Luigi Porto, Massimo Palermo, Michele Alessi, Nico Sambo, Serena Tringali, Walter Sguazzin. Ma ci sono ospiti/collaboratori ulteriori, quasi settanta). D’altronde embrioni di questi brani maturano minacciati/minacciosi dal 2011.
Così Jannacci chiede udienza a Le Vibrazioni, ma non viene ricevuto (le due versioni di Vincenzina e il call center); il maschio fa ciao, piuttosto cattivello e magari diarista di vizi (L’atroce vendetta del nanetto Pingpin) e comunque il futuro è donna (voce di Cinzia bellissima in Hyperbaric rendez-vous, dove rappa Piotta e ho detto tutto). Naturalmente, sono tutti bravi assai (senza nessuna ironia, perché la bellezza di Morire a colazione o Donna pesce una Mina negli ultimi quarantanni non l’ha nemmeno sfiorata, per fare un esempio), capaci, a mero titolo di paragone, di ammannire banchetti a base di Massimo Volume in salsa mediterranea (cfr. La ballata della leggerezza) e pure di scrivere canzoni che chiedono asilo nello show del sabato sera su RaiUno (War!).
In primis ironica critica della società liquefatta, sospesa tra assurda gravità e insostenibile frivolezza (come direbbero commentatori dall’acribia ben più sviluppata del sottoscritto: Benvenuti in paradiso o Saggio breve di straordinaria sagacia sul rapporto tra la “sinistra” italiana e i suoi elettori tra il 1994 e il 2013), “Maledette Rockstar” è senz’altro una delle (la?) pietre(a) miliari(e) dell’odierna canzone dello stivale, scientemente scagliata contro la prosopopea della musica/società italiana, così piena di signori Herditze e Guenther (Sono sempre i migliori che se vanno).
Non ce li meritiamo (per dire, Claudio non li ha chiamati per una gita nella città dei fiori, perché avrebbero – letteralmente e metaforicamente – triturato tutti gli altri: La canzone di Marinella), dunque sosteniamoli. Per contatti: snowdonia@snowdonia.it

Voto: 9

Marco Fiori

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