Libby Larsen ‘Lift me into heaven slowly’

 

(Innova 2017)

La compositrice Libby Larsen è capace di un’esplorazione assai raffinata e puntuale dello spazio vocale, con una preferenza accordata al dettaglio intimo, esistenziale. Le sue art songs, eseguite in questo prezioso disco dalla impeccabile Tracey Engleman – voce assai aderente alle richieste sceniche della scrittura della Larsen – e da Lara Bolton al pianoforte, si collocano su un terreno assai eterogeneo: ammiccano alla canzone d’arte, alla tradizione consolidata della musica da camera, alla songs da spettacolo, all’interiorità della confessione in pubblico, ma in alcuni casi – si ascoltino le Songs from Letters – tracciano un confronto serrato col linguaggio del modernismo novecentesco, al quale si accostano con estrema originalità.
Certo, la Larsen sembra dare il meglio di sé quando si libera completamente dal legame con la tradizione, per offrirci esempi musicali di assoluta freschezza. Piace, in particolare, la dignità restituita al canto melismatico e la varietà “attoriale” della presenza vocale. Il pianoforte è sempre molto calibrato, particolarmente suggestivo nei toni umbratili, ma anche nella ritmicità forsennata di certi momenti in cui la drammaticità la fa da padrona.
Insomma, nel continente americano sembra che la musica vocale da camera abbia ritrovato una sua attualità. Il rapporto col testo letterario nella Larsen sembra stringente e importante: le due interpreti lo suggeriscono con grande tensione espressiva (indimenticabile la Anne Boleyn, nel ciclo dedicato alle mogli di Enrico VIII).

Voto: 10

Marco Gatto

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