Samo Salamon, Stefano Battaglia ‘Winds’

(Klopotec Records 2016)

Le pulsazioni del pianoforte di Stefano Battaglia e i loop di Samo Salamon, chitarrista sloveno tra i più originali della sua generazione, introducono l’ascoltatore nella Rain Forest che dà il titolo alla prima traccia dell’album “Winds”, a ribadire l’ispirazione naturalistica che conduce a un veloce trapasso dalla suggestione zen di una campana tibetana al caotico sovrapporsi dei due strumenti, che sfumando si piegano al silenzio. La percussività metallica di Hammer costituisce il tappeto ritmico per le scorribande di Salamon; gli ipnotici interventi del piano confermano l’idea di una ricerca sul suono un po’ cerebrale. Quando invece la chitarra si lancia a briglia sciolta, l’ascoltatore torna a respirare. Se le prime due tracce fanno venire in mente il John Scofield più sperimentale, Girl with a nicotine kiss, con il suo andamento più disteso e il suono ricco di riverbero, suggerisce un accostamento con Pat Metheny (un Pat Metheny più dolente e meno sornione). Un lungo solo meditabondo introduce Betty O: linee spezzate in un botta e risposta tra piano e chitarra che costituisce l’ossatura del brano. Si chiude con Sleepy Burja, il brano più suggestivo e convincente dell’intero album. Pregi: inventiva, capacità di esplorare le possibilità dei propri strumenti e buone doti compositive (soprattutto nel caso dei due brani firmati dal solo Salamon); difetto: l’interesse dell’ascoltatore si accende a fasi alterne.

Voto: 7

Stefano Oliva

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