Nexus ‘Nexus plays Nexus’


(Splasc(H) Records 2010)

Sarà che ho la fissa per Henry Miller, ma se dico Nexus penso a ‘Plexus’ e ‘Sexus’, alla Crocifissione Rosea, insomma. Potrei finalmente leggere la trilogia del randagio di Brooklyn e non sarebbe male avere come sottofondo ‘Nexus Plays Nexus’, il progetto di Tiziano Tononi e Daniele Cavallanti (2010). Istruzioni per l’uso: nonostante sia l’album dei trent’anni di Nexus, più che un’autocelebrazione il disco è un viaggio visionario “con un piede nel fiume della tradizione, un altro nel presente vivente e gli occhi al futuro”. Tale nexus appunto fu intessuto dai visionari musicisti “to build ourselves a free-thinking vehicle of expression, a human circle of visionary strength, and a way of both envisioning and shape our music”. Dove c’è un circolo di idee, il nesso non è artefatto ma assume la sua forma naturale, quella fluida in cui ogni punto è equidistante dal centro.
Un critico di allaboutjazz.it ha definito i due padri di Nexus come “la coppia più nera del jazz italiano” (parliamo di Enrico Bettinello, che ha recensito ‘Spirits up Above’, 2006): non sono da meno gli altri componenti, Achille Succi (alto sax e clarinetto), Emanuele Parrini (viola e violino) e Silvia Bolognesi (contrabbasso). I ritmi ossessivi di Tononi, in cui la Bolognesi cammina perfettamente, suadente e senza mai inciampare, si confondono con le frasi dei fiati, a volte mozzicate a volte profonde e piene. La prima traccia dell’album, High Priest è originale e sensuale con quel riff di basso alla Theme de yoyo; l’intreccio procede poi con brani di Cavallanti e Tononi, fra cui spicca Night Riders, una sorta di lamento vagabondo notturno, e si conclude con un altro pezzo di Cyrille – che fa il paio col primo – Metamusician’s stomp, che non può non aprire a una nuova dimensione, lasciando così aperto il circolo del nexus.

Voto: 8

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Autore: francescaiurlaro@gmail.com