Sons Of Klà ‘Of Soul Of March’


(Autoprodotto 2009)

Saranno due pazzi scatenati questi Sons Of Klà dalle lande picene, ma è impossibile resistere alla stravaganza e al melting pot sonoro che creano in questo loro secondo lavoro (l’esordio “Sok!” è datato 2007). C’è dentro di tutto in questo “Of Soul Of March”: rock classico, funky, elettronica industriale, spruzzate jazz e chi più ne ha più ne metta. Ma lo spirito è quello un po’ naif a bassa fedeltà che circonda spesso le produzioni casalinghe.

Proviamo a seguire l’ordine di scaletta per farvi capire la varietà di generi in cui vi imbatterete durante l’ascolto. Si parte con After, con ritmica martellante e sferragliamenti industriali che si risolvono in singulti elettronici surreali e un finale ambientale nel vero senso della parola: c’è la registrazione dei suoni di una sala piena di gente! Rice Crispies ha il passo rallentato e desolantemente oppresso per metà. Poi un attimo di sospensione e via a una balletto disco-funky che nel finale viene risucchiato in un ambaradan di giochi elettronici lo-fi a-là Daniel Johnston. Rispetto all’orario di G in apertura non sarebbe dispiaciuta ai Soft Machine ma poi il ritornello ti si ficca in testa e il teatrino burlesco dei SOK si trasfigura in un sogno lisergico che deraglia in strofetta folk-pop. International Stacch’eeeeetto si divide tra tentativi drum’n’bass ed elettronica ambientale anticipando il ritmo sinuoso di Let U Flà (con tanto di citazione finale dai Kasabian). Da Fool Is Cool ci porta verso i lidi sincopati di un reggae immerso in mari raggelati. L’atmosfera oscura di questa parte centrale del disco si conferma nell’irresistibile Klà Spread His Law, a metà tra dark-rock, trip-hop e ancora una strana forma di tribalismo (!). Un minuti di follia drum’n’bass è concessa in Kazu Prott Again prima che con Wafer si approdi sorprendentemente a un languore cinematico da commedia triste. Eleven rialza il numero di beat, che ripiomba vicino allo zero nella title track, vagito etereo e sognante che ti potresti aspettare dai Sigur Ros. Sssss’imona (Ventura) è un divertissement drum machine e voce rapido e indolore, che apre le porte al passo grave e pesante di Heartbeat. Chiude il disco l’irriverenza elettrica di Bread Milk D, sfrenato finale di un disco folleggiante.
C’è di tutto e di più in questo lavoro del duo veregrense, un disco che non stanca. Si vede che i nostri si divertono ma nel loro delirio c’è voglia di fare, voglia di esprimersi. Ce ne fossero di band come questa.

Voto: 8

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