Di Marco Loprete
Di Torster Krol è possibile affermare con certezza una sola cosa: è un grande autore. Per il resto, infatti, di lui non si sa quasi nulla. Pare che viva in qualche sperduta regione del territorio australiano, ma nessuno (agenti ed editori compresi) l’ha mai visto in volto. A causa di questa sua ritrosia a mostrarsi, qualcuno ha avanzato l’ipotesi che Torsten Krol non sia altro che lo pseudonimo di autori quali J. D. Salinger o Stephen King.
Quale che sia la verità, “Gli uomini delfino” è uno di quei libri che non si dimenticano. La storia della famigliola tedesca che, terminata la seconda guerra mondiale, fugge dalla Germania – Helga, madre di due figli, Erich e Zeppi, rimasta vedova, accetta di sposare il fratello del defunto marito, Klaus, e di trasferirsi in sudamerica – assume contorni inimmaginabili quando l’aereo su cui viaggiano i quattro è costretto ad un atterraggio di fortuna nella foresta amazzonica. Qui entreranno in contatto con la tribù degli Yayomi e con un antropologo, Wentzler, che studia la popolazione da ben undici anni. La vicinanza con usi e costumi completamente diversi da quelli del cosiddetto “mondo civile” avrà sui quattro conseguenze imprevedibili: possiamo solo anticiparvi che il giovane Erich, da ingenuo sostenitore del terzo Reich (come del resto anche la madre Helga ed il patrigno Klaus, responsabile, si scoprirà dello sterminio di migliaia di ebrei), imparerà a conoscere il valore della diversità, acquisendo a poco a poco coscienza di quanto fallaci e terribilmente errate fossero le proprie convinzioni. Ciliegina sulla torta, un finale splendidamente apocalittico.
Con “Gli uomini delfino”, Krol ha scritto una gran bella pagina della letteratura mondiale, un apologo sul tema dell’integrazione e del rispetto delle culture che evita pedanterie e pistolotti morali e riesce a tenere il lettore incollato alle pagine grazie alle sue strizzate d’occhio all’avventuroso. Una delle uscite migliori del 2009.
Link: Editore ISBN, 2009
