Neil Boorman, Daniel Pemberton ‘Tutto in una notte’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di Marco Loprete

marcoloprete@libero.it

Che spasso questo volumetto di Boorman e Pemberton. I due (il primo giornalista e promoter musicale, il secondo autore di musica per la tv britannica, entrambi accomunati dal fatto di essere i fondatori della fanzine “Shoreditch Twat”), con questo “Tutto in una notte” hanno realizzato una guida ferocemente ironica al mondo dei club londinesi.

Basato sull’alternanza di testi sarcastici ed illustrazioni (merito del bravo Eliot Thoburn), il libro, pubblicato in Inghilterra nel 2005 ma edito solo ora in Italia dalla Isbn, è nato come rubrica del Guardian intitolata “Devil’s Dandruff” (letteralmente, “forfora del diavolo”, espressione gergale che indica la cocaina), ed è il risultato, come avvisano gli stessi autori nella premessa, “di una ricerca estensiva, durata dieci anni, nel campo della club culture britannica. La descrizione degli usi e costumi, delle generalizzazioni, degli stereotipi, delle frasi fatti che presentiamo qui si basa su innumerevoli ore passate in coda per il cesso, insultati da buttafuori, ignorati da DJ e respinti da membri dell’altro sesso”.

Ciò che ne viene fuori è un mondo popolato di ogni sorta di strane creature: il Barista Flambè, il Bagarino, il Designer di flyer, il Buttafuori femmina, il Proprietario, il Promoter, i Giovani clubber, la Guardarobiera, il DJ Superstar, la Cloaca, la Fashionista, la Disco mamma, il Maniaco e così via, tutti descritti (con un’ironia spietata) come una massa di drogati, sballati, alcolizzati, sfigati, egocentrici, falliti, imbroglioni e chi più ne ha più ne metta.

Gli obbiettivi di questa variegata fauna sono “ballare su una musica gradevole, raggiungere uno stato di ebbrezza/euforia ed entrare in contatto con persone di bell’aspetto” – tutti traguardi apparentemente facili da raggiungere in uno spazio ristretto, con musica a tutto volume ed alcolici e droghe disponibili in gran quantità, ma in realtà assai difficili da conseguire. Ciò che continua comunque ad alimentare costantemente la vita notturna dei club è il desiderio di ripetere la “serata perfetta”, desiderio che le permette di prosperare ma ne “mina le fondamenta”

Oltre alla caratterizzazione delle figure che popolano il regno di “Clublandia”, Boorman e Pemberton si dilettano nell’analizzare anche le tenute da discoteca, i diversi stratagemmi adoperati per entrare nei locali senza essere in lista, la composizione della Fanghiglia (una sorta di sostanza chimica, “di natura sedimentaria, che si forma esclusivamente sul pavimento di una discoteca”), gli argomenti di conversazione standard nei bagni pubblici e tutto ciò in cui ci si può imbattere durante una serata di follie in un locale britannico.

Insomma – concludono gli autori -, “la club culture è generalmente una merda, ma vale la pena continuare a provarci nel caso diminuisca il fetore. E comunque è meglio che stare a casa a guardare la tv. Forse”.