WZT HEARTS ‘Threads Rope Spell Making Your Bones’


(Carpark/Dense Promotion 2007)

A volte le copertine suggeriscono subito qualcosa. Un caos cartoon di robot, computer e cianfrusaglie meccaniche/elettroniche, che fa subito pensare ad un qualcosa di volutamente disordinato, musicalmente onnivoro e vorace, che succhia e assorbe influenze da ogni dove.
Un breve sguardo alla strumentazione usata, chitarra, nastri, mixer, laptop, batteria e un ritrovato bellico dell’era informatica pre-Internet quale il buon vecchio Commodore 64, rafforza queste ipotesi, definitivamente confermate appena inserito il dischetto nel lettore CD: circuiteria ammucchiata e lasciata ad arrugginire in qualche angolo della galassia, non senza assimilare ed irradiare i segnali rubati allo spazio.
“Si pronuncia ‘Wet Hearts’ ma si scrive ‘Wzt Hearts’” annunciano le note di rito allegate al CD e, sarà la mia scarsa dimestichezza con l’inglese parlato, ma se c’è qualche ironico gioco di parole in questo, purtroppo mi sfugge.
Wzt Hearts è un quartetto di Baltimora, talmente dispersivo e variegato, in un accezione non necessariamente negativa, nella propria proposta musicale, da confondere e rendere difficile inquadrarli. Molto sfumato il confine tra originalità, e abilità nel carpire e domare ai propri scopi suoni e idee altrui. Di sicuro c’è una buona dose di strisciante follia, gentile ed assolutamente non esasperata, ma presente e resa manifesta dal procedere alieno delle tracce e da abbinamenti ed accostamenti bizzarri.

Già l’inizio di Hassier è emblematico, elettronica suadente e avvolta in un sottile strato noisy, mandata in panning e fortemente effettata, che non può non far pensare a Fennesz. Almeno sino a quando non si materializza una batteria completamente freaked out che non si capisce bene da quale universo provenga e che alla fine scompare dietro ad una brina di electronics.
Sempre una batteria, qui molto più sfasata, apre Lava Nil, e tenta di farsi spazio tra un impazzimento (controllato) di interferenze radio. Ancora più strana ed incoerente con quanto sin qui sentito, i rumorini da giocattoli sparsi in giro per la casa, i disturbi e i suoni quasi carillon di Jeep Uzi. Psichedelia elettronica mandata in loop e tempeste cosmiche per Spells, mentre in un brano come The Den pare di sentire gli Oval nascosti dietro ad un fumo di effetti sci-fi low cost e deformati da qualche rimando che sa di Faust.

Disco piacevole, interessante e fresco, tra elettronica, noise e weird rock, assolutamente non a fuoco, ma che di questo fa il suo vanto.

Voto: 7

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