Antonella Anedda ‘Il Catalogo Della Gioia’

Poesia Libera

Di Cristina Contilli

cseqco@tin.it

Antonella Anedda
Il catalogo della gioia
Donzelli, Roma 2003, pp. 116, € 11

 

Antonella Anedda è nata e vive a Roma. Ha pubblicato due raccolte di poesia: Residenze invernali (Crocetti) e Notti di pace occidentale (Donzelli). Ha tradotto prose e poesie di Philippe Jaccottet.

Il “Catalogo della gioia” si apre con una citazione che rivela il senso delle poesie che seguiranno : “A chi gli chiedeva quale differenza ci fosse tra l’essere tristi e avere il cuore spezzato, Nachman rispose che avere il cuore spezzato non impediva la gioia”.
Il libro non è un alfabeto della gioia che avrebbe una struttura verticale e che comprenderebbe tutte le lettere, ma un catalogo che ha una struttura circolare e che “elencando sceglie. In questo ci sono solo alcune/ lettere, solo alcune gioie. Chiunque, leggendo, può aggiungere / o cancellare”.
La prima lettera è la ‘I’: “È la lettera dell’ilarità, del riso infantile ma anche del raglio / degli asini che sembrano ridere e poi piangono o misteriosamente / invocano. Le labbra si tendono, la lingua resta immobile. La testa/ impercettibilmente si inclina indietro in un inno incompiuto”.
Segue la ‘S’, “lettera del silenzio e dei serpenti, del loro sangue secco/ al sole, della serenità sapiente, del sussurro con cui si chiede di / tacere”.
La Anedda ricorda nei suoi versi gli amori vissuti che ormai sono divenuti lontani: “Oggi vorrei vedervi miei amori nelle vostre cucine/ sedervi uno vicino all’altro, mangiare nudi senza imbarazzo/ come se foste meno che bambini” e poi “non vorrei più toccarvi, ma sedermi con voi su di una panca/ stringervi i polsi, seguire da vicino le vene/ quei dettagli di azzurro, quei delta trasparenti oltre le dita/ poi navigare nel sangue con cautela/ senza che voi sappiate intero il mio piacere”.
”In questa raccolta la consapevolezza, il ricordo e la sostanza di vita si fanno storia solida. La misura dell’immensamente grande sembra rinnovarsi nella dimensione dell’intima risonanza (talvolta impetuosa risonanza) che produce l’esperienza della vita, come se questa fosse solo un simbolo da cogliere per dare oggetti necessari al dialogo interiore. (Paola Malavasi)”