Homemade Avantgarde

Ambiti produttivi propriamente casalinghi.

 

Lorenzo Brutti è il titolare della neonata etichetta indipendente “Homemade Avantgarde”, la quale oltre ad inglobare i due personali progetti, -il duo elettro-improvvisativo John Deere ed il tragitto solitario con Dll- si sta preparando per l’ imminente uscita di una compilation, liberamente scaricabile on line, contenente diverse firme emergenti della sperimentazione (Mou, lips, Sawako) nostrana e non, ma per la tematica ispiratrice rimando alle parole di Lorenzo nell’intervista. Il nome scelto per avviare questo piccolo cantiere –ricordiamo nato quasi per caso- unisce la passione per suoni non puramente casuali (o per l’ascoltatore medio), generati attraverso mezzi artigianali e di facile reperibilità, ossia cdr, mp3…  Un sottile spessore di maturità crescente l’abbiamo constatato assistendo alla recente performance, tenutasi presso il circolo Gulliver di Ancona con il duo J. D. in cui, oltre ad aver lasciato l’uso della chitarra acustica in favore del laptop, si è scorta una chiara attenzione per l’aspetto iconografico. La scelta di unire la musica con l’accompagnamento visuale (istanti di vita -quotidiana e perversa- del popolo nipponico), come il dare risalto anche alla postazione di comando, riempiendola di svariati mini-dinosauri, posti schematicamente uno accanto all’altro, contribuisce ulteriormente a entrare nella concezione dell’arte della famiglia Homemade Avantgarde.

 

Salve Lorenzo, potresti cominciare a parlare della tua etichetta Homemade Avantgarde e di come sei arrivato a tutto ciò?       

Certo. Dunque, la “Homemade Avantgarde” è nata quasi per scherzo…all’inizio era quasi un modo per far passare le sessioni dei John Deere come qualcosa di più di un semplice demo. Poi, però, vista la crescente diffusione di cdr, web label in giro per il mondo ho pensato che potesse essere un qualcosa di più di un semplice espediente. Allora mi ha preso la voglia di inventare una linea estetica/musicale da seguire…già il nome in se racchiude lo spirito della label: Homemade, perché casalinga e Avantgarde, perché mi piace la mia attenzione a suoni non propriamente convenzionali o, almeno, non per l’ascoltatore medio. Finora con questo marchio sono usciti quattro cdr e un mp3. I primi cdr non sono altro che tre pomeriggi di improvvisazioni registrati in camera mia con i John Deere (io e un altro mio amico al laptop), mentre il quarto cd è un mini ep con un solo lungo pezzo di bowed guitar editata al computer. L’mp3 inaugura la collana di mp3 della label cui seguirà a breve (spero) una compilation con nomi noti e meno noti del sottobosco digitale.

Potresti addentrare il discorso su questa compilation d’imminente uscita. Mi riferisco alla tematica, un tratto di unione tra chi vi partecipa?    

Certamente. Ne vado molto fiero; in pratica, ho chiesto ai vari partecipanti di scegliere un’opera d’arte figurativa a loro scelta con l’unica clausola che si doveva trattare di una raffigurazione statica (nessuna video installazione, in pratica) e di inspirarsi ad essa per creare una sorte di colonna sonora. E’ un po’ rischioso come tema, perché rischia di essere banalizzato, ma mi fido delle persone che ho contattato.

Tutto ciò che fluttua sia nei John Deere che in Dll è qualcosa che ti porti dietro dal tuo passato.Sei sempre stato attratto dalla sperimentazione? 

Ti riferisci ai Lush Rimbaud?

Si, ma anche alle tue tappe formative da quando ti sei avvicinato alla musica? 

Allora …le mie tappe formative….se devo essere sincero il primo cd che ho comprato è stato il live dei Queen a Wembley. Come dicevi prima la sperimentazione mi ha sempre affascinato. La mia formazione vera e propria è iniziata in Aprile. Mi prese un’infatuazione enorme e postuma per i Nirvana. Mi ricordavo il video di Smell Like Teen Spirit, ma avevo dieci anni quando uscì “Nevermind” e il grunge rimase un mistero, fino a che non riuscii a capire una parola di inglese. Leggendo qua e la argomenti sui Nirvana vedevo che compariva sempre un nome, anzi due, Sonic Youth e Velvet Underground.Con i sonici è stato amore a prima vista, mentre i Velvet li ascoltavo più che altro per fare lo snob.Un altro bel mattone per la mia formazione è stato vivere a Falconara, dove non c’è praticamente niente! E’ proprio lo stereotipo della suburbia, c’erano dei punk, ma io ero (e sono tuttora) un tipo tranquillo e per il resto solo discoteche e tamarri. Quindi calma piatta. Il mio primo gruppo era praticamente un nucleo di losers; ci chiamavamo Senso Unico e ti lascio immaginare cosa potè venir fuori da un bidone come batteria e da tre chitarre. Ho iniziato seriamente a farmi prendere dalla musica con i Lush Rimabaud, come ti dicevo prima. Comunque i Lush degli esordi erano una cosa a metà tra l’indie, il noise, lo stoner…poi, soprattutto dopo la mia dipartita il suono si è orientato più verso l’emoindie e chissà quanto altro… In sostanza la mia vena anarcoide/improvvisata era un po’fuori da quel contesto.

Appunto li che volevo arrivare del tuo improvvisare e della differenza che si nota ascoltando la chitarra tra John Deere (più fisica e riconoscibile) e Dll?

L’improvvisazione per me è fondamentale. E’ molto diverso l’approccio a essa nei due progetti:nei J.D. la chitara è usata in maniera molto tradizionale, al massimo qualche accordatura aperta o poco più. In Dll l’improvvisazione risiede fondamentalmente nell’editaggio dei campioni. Per esempio, nel mini cd la sorgente sonora è una chitarra acustica suonata con l’archetto, non c’è nulla d’improvvisato, il campione dura poche decine di secondi. Però il mixaggio finale l’ho ottenuto improvvisando con il software di editing. Come vedi non ho idea della direzione da prendere quando inizio a lavorare un pezzo. Può capitare che faccia diverse sessioni di editaggio, in cui, ogni volta mantengo stabili delle cose dalle precedenti improvvisazioni e ne modifichi altre. Dipende se ho pazienza o meno in quel momento.

La tecnica di usare l’archetto è uno di questi mutamenti. Un approfondimento? 

Beh…l’idea di usare l’archetto non è assolutamente nuova…la usava Tony Conrad con La Monte Young e Jimmy Page (bleah!). Il suono che senti nel mini è venuto per caso mentre cercavo di far suonare la chitarre come una ghironda e c’ho infilato due bacchette del ristorante cinese vicino al ponte. Ci sono pazzi di bowed guitar anche nei John Deere e in un brano con loro avevo legato un filo dell’archetto strofinando solo quello con le dita (e ti assicuro che fa un fracasso enorme!!)…poi una differenza è anche che nel mini uso un’acustica mentre nei Deere un’elettrica.

E invece dell’imminente decisione di volerti dedicare solo all’uso del laptop? 

Il passaggio è stato determinato dal fatto che non ero soddisfatto dal suono della sei corde nei Deere. Come avrai sentito anche te non ho una tecnica spaventosa e spesso tendo a suonare in maniera troppo gratuita, anzi peggio superflua. Già nell’improvvisazione ci sono dei tempi morti e se aggiungi anche poca tecnica è la fine. L’usare il laptop ti permette di restringere i tempi e di avere, bene o male, una struttura a cui attenerti, a cui ritornare quando ti accorgi che non stai andando da nessuna parte. E poi, mi attraggono i campionamenti più disparati.

Infatti credo la tua personalità si rispecchi meglio in Dll, mi sbaglio?

Assolutamente. I J.D. suonavano troppo ‘diluiti’….almeno nella vecchia incarnazione.

La nuova formazione, o meglio nel nuovo nome che dai al progetto spunta la parola Arkestra. Mi è venuto in mente…  

Sun Ra?

Si, ma anche se in te si cela un interesse più ampio per il jazz…     

Devo essere sincero, di Sun Ra ho solamente il disco con John Cage e l’ho ascolto anche di rado.Akestra era più per dare l’idea di qualcosa dai contorni dilatati, sia come immagine, sia come suono. Insomma l’ho scelto più per gusto della citazione che per affinità o altro. Per quello che riguarda il jazz non sono assolutamente un intenditore, anche se ultimamente mi stanno intrigando molto le cose della scena giapponese…Otomo Yoshihide sta diventando il mio idolo. Penso che il suo sia un ottimo approccio al jazz (ricordati che parlo da profano assoluto!). Mi piace, perché riesce a mantenere la spontaneità in ogni cosa che fa…di recente mi è capitato tra le mani “Dreams” del suo quintet…è assurdo! Poi quando ascolti i suoi lavori ai turntables riesci a sentire lo stesso metodo e tutto questo trovo sia grandioso.

Pensi che oggi ci sia qualche artista che meriti di essere conosciuto più ad ampio raggio?

Hmmm…un po’ di gente che mi ha colpito ultimamente…guarda ti butto una serie i nomi che ritengo validi in questo periodo,o che comunque, sto ascoltando in questi giorni: Mou, Lips, Ent, Differnet, Osso Bucco, Strotter Inst, Philip Jeck, Fennesz, Oval, Phil Niblock, Oren Ambarchi, Rafael Toral, Keith Fullerton Withman, il trio PAF, Jim O’Rourke, Vibrisse Collapse e tantissima gente che ascolto ora, ma non mi viene in mente…

Appunto ascoltando le tue ultime fatiche mi erano salite alla mente certe modulazioni circolari della chitarra di Amarchi, Toral e delle intermittenze melodiche presenti nel disco “I’m Happy, I’m Singing And 1,2,3,4” di Jim O’Rourke. Tu che ne pensi, sei d’accordo?

Assolutamente! Devo dire che in quel periodo stavo ascoltando da matti quel album e ho voluto avvicinarmi a quelle atmosfere. Per quanto riguarda Toral l’ho ascoltato dopo che, chi aveva ascoltato l’ep, mi aveva detto che somigliava alle sue cose…Ambarchi penso di averlo scoperto un paio di settimane fa, anche se non mi era nuovo grazie a Blow Up che ne parlò in un articolo che mi colpì molto.

Abbiamo cominciato a parlare della tua etichetta e del senso artigianale che si cela in essa. Una tua idea sul futuro in generale. Sei soddisfatto di tutto ciò che sta avvenendo all’interno della rete a favore della promozione di giovani artisti d’avanguardia, o credi sia ancora in salita la strada da percorrere per farsi conoscere?  

Ma…un’idea sul futuro sulla scena casalinga…non vorrei sembrare banale, ma fra cdr ed mp3 si sta completamente rivoluzionando il modo di fare/publicare musica e la cosa è destinata a crescere, anche grazie alla diffusione a prezzi relativamente bassi delle connessioni a banda larga. Poi, un altro elemento fondamentale, almeno per quello che riguarda la mia esperienza, sono stati i canali di chat e i programmi di file sharing. Sul serio, parecchia gente che farà parte della compilation l’ho trovata in questa maniera scaricando mp3 dai loro pc attraverso Soul Seek. Ad esempio i Vibrisse Collapse, un ragazzo e una ragazza, lui di Gioia Tauro, lei di Asti e si passano le basi in mp3 per poi rispedirmele in chat…non è assurdo?!?!? Ah, en passant, saranno il primo gruppo ‘esterno’ che spero di riuscire a pubblicare…sono folli, una cosa a metà tra i Mùm e la NoWave.

In conclusione un pensiero su Kathodik e in generale su tutte queste realtà (webzines) che preferiscono gettare uno sguardo e approfondire certi lati dell’underground che, aihmè, non sembra faccia tutta la stampa musicale?

Eheh, qui parliamo da colleghi. Da qualche annetto scrivi su Aktivirus,ma comunque ultimamente stanno fiorendo webzine a vista d’occhio! La vostra, ma anche cose più di settore come Sinewaves  e Spectrum, in cui scrive anche Etero Genio che, ormai, sta diventando il lester bangs della nuova elettronica italiana (o electroelettonica, come la chiama lui, ma non ho ben chiaro cosa significhi).Per quanto riguarda la stampa vera e propria…bhè, penso che tolto Blow Up, degli altri giornali si potrebbe tranquillamente fare a meno.

 

Sergio Eletto