Ground Zero ‘Revolutionary Pekinese Opera’

Lavoro edito inizialmente in Giappone nel 1995 ed ora ripropostoci in Europa da parte dell’attenta “RecRec”.
Inquieta e stupisce subito per la conturbante copertina con le splendide immagini di Sasaki Hideaki che fanno scorrere brividi perversi lungo le nostre schiene curve. Un florilegio di nudità tenebrosa che trasmette un’estatica vertigine di bellezza assoluta; un’immersione dei sensi in un mare di glicine.
L’opera è una rilettura dell’interpretazione dell’originale (datata 1960) effettuata nel 1984 da parte di Heiner Goebbels ed Alfred 23 Hart, la ritrattazione coinvolge brandelli di quel lavoro permettendo ai Ground-Zero un’incontro scontro con la formazione che aveva dato vita all’esecuzione del 1984.
Goebbels, 23 Hart, Christian Marclay, Jon Rose, Steve Beresford, per citare i più noti esecutori coinvolti nella precedente edizione dell’opera vengono qui trasfigurati dall’interpretazione personale che ne danno i Ground-Zero . Opening… 9. 29 di vertigine con il clarinetto basso di Nomoto Kazuhiro a far da ponte a quello che verrà.
Consume Mao e Rush capture… fanno da scorta alla sarabanda equestre che si presenta sotto il libro rosso di Mao per la Sony 4. 23 minuti di spirito punk emulsionato con una devastata base percussiva che rimanda tanto ai Test Dept più teatrali quanto allo sbraco emotivo dei Conflict nelle loro migliori performance live.
Puro ludibrio assoluto.
Otomo io me lo ricordo in compagnia di David Shea in uno spossante tour de force acustico al Forte Prenestino costringere la maggior parte degli astanti a girare più al largo possibile dall’impianto di amplificazione. Paraiso-1 che altro dire, sembra di essere trasportati nella California anni sessanta mentre i Grateful suonano con il tramonto alle spalle, una dolcezza struggente.
Visionaria, dolce, psicotica; squassata da feedback di Dio.
Lounge music ora si veramente divertente, essere schiacciati da Furia il cavallo del West oppur se si vuole l’equivalente di un morso al polpaccio da parte di Lassie o forse meglio ancora; tirare un formidabile calcio in faccia a quello stronzo di Dolce Remì. Ma che poi in fondo l’occidente sia terra di esseri liberi chi lo sostiene più?
Ed allora ecco ricomparire sullo sfondo l’incubo giallo di lontana memoria storica pronto a fagocitarci con le sue strane usanze ed i suoi campanellini impazziti. E’ strano ed al contempo bello immaginare un’orda mulinante di seta calare su tutto strappandoci il respiro dai polmoni.
Tutto questo in un disco?
No; tutto questo in un’uomo chiamato Otomo che quando ha il pensiero lucido diviene una delle minacce musicali più funeste che a memoria d’uomo si possa ricordare. Ed allora?
Allora, eccesso, visione, noise, brandelli che vanno da destra a sinistra e si raggrumano nell’ipotesi molto ‘Paris-Texas’ della traccia numero 15 con Marclay che gira il suo disco sublime fatto di nulla o quasi.
Buco nero con fiori fluorescenti sulle pareti non abbastanza robusti per sorreggere il nostro peso……..
un volo…….
infinito………

Voto: 8

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