Ernesto Diaz-Infante & Chris Forsyth ‘March’

La mia estetica musicale comprende diversi generi sorti durante tutto il XX° secolo: classica, avant jazz, musica minimalista, ma sopra ogni cosa la mia musica per raggiungere buoni risultati, deve racchiudere in se una forte e trascendente enfasi improvvisativa… racchiudermi all’interno di un solo luogo (San Francisco) per creare nuovi progetti lo trovo un’ enorme limite… la mia prospettiva di osservare le cose va oltre, il desiderio di confrontarmi con gente nuova è più forte di me…e comunque la strada rimane una fonte d’ispirazione ineguagliabile…viaggiare e ‘perdersi’ ininterrottamente è un’ottima medicina per la mente.
Ernesto Diaz-Infante.

Sentire certi discorsi pronunciati da Infante, non so voi, ma a me catapulta indietro di diversi anni. Più precisamente intorno la fine degl’anni 60 quando diversi musicisti jazz (Don Cherry, il primo Charlie Haden) sentivano l’incombente bisogno di entrare in contatto fisico, psichico e morale con culture radicalmente opposte dalla loro. Altri invece dichiaravono che al posto di un Parker o di un Monk preferivano come maestri ed ispiratori gli articolati ingegneri dodecafonici del primo novecento. Esempio palese: i pezzi dedicati in “For Alto” di Antonhy Braxton al sofisticato Cage ed al gelido Stockhousen. Ora, ai nosti giorni qualcosa giustamente è cambiato, ma lo spirito nomade, la voglia di registrare e testimoniare anche una piccola senzazione sono rimaste, per fortuna, immutate. Dall’ “A.A.C.M” di Chicago alla “Pax Recordings” di San Francisco. Da Sunny Murray & Arthur Doyle ad Ernesto Diaz-Infante & Chris Forsyth. “March”, la nuova creatura, è la pagina numero tre del loro intimo diario (vedi recensione: “Wires And Wooden Boxes”); questa volta registrato durante il recentissimo tuor europeo. Chi li ha visti, sentiti di persona, spero provi quello che io appena percepisco dal mio lettore. Suoni che tralasciano alle proprie spalle tensioni e frustazioni, per abbandonarsi ‘innocentemente’ ad intermittenze sospese tra piccole melodie e voci sussurrate (la marchiata teatralità dela voce di Infante). Via titoli, via lunghe suitè, l’istante per sua natura è difficile, meglio impossibile, da descrivere in parole.

Voto: 8

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