Eric Dolphy ‘Musical Prohet. The Expanded 1963 New York Studio Sessions’

(Resonance Records 2019)

Che piacere (e che fortuna) poter tornare ad ascoltare i Grandi Maestri! Soprattutto quando una raccolta come questa offre non soltanto la riedizione di due dischi già pubblicati (‘Conversations’ e il postumo ‘Iron Man’, registrati prima del capolavoro dolphyano per eccellenza, ‘Out To Lunch’), ma quasi un’ora e mezza di musica inedita: un album di 7 alternate takes, tutte da gustare ex novo. La musica, registrata a New York nel giugno del 1963 e ad Ann Arbor nel marzo dell’anno successivo, è accompagnata da un libro ricchissimo di informazioni, interviste, memorie e testimonianze storiche intorno alla figura del grande sassofonista, clarinettista e flautista. Insomma, un gioiello: non per niente la disponibilità del cofanetto, curato da James Newton, in vinile per il Record Store Day 2019 si è esaurita in un men che non si dica, ma per fortuna rimane quella in cd.
La formazione generale dei tre album è di assoluto livello: oltre a Eric Dolphy (sax contralto, clarinetto basso, flauto) ci sono un giovanissimo Woody Shaw (tromba), Clifford Jordan (sax soprano), Sonny Simmons (sax contralto), Garvin Bushell (oboe), Prince Lasha (flauto), Bob James (piano), Bobby Hutcherson (vibrafono), Richard Davis, Eddie Kahn, Ron Brooks (contrabasso), J. C. Moses, Charles Moffett (batteria), Robert Pozar (percussioni) e David Schwartz (voce).
La musica avvince sin dalla melodia gentilmente gioiosa e vivace della traccia con cui il tutto ha qui inizio, Jitterburg Waltz, il cui tema iniziale è scandito dal flauto di Dolphy insieme a tromba e vibrafono. Poi danziamo con Music Matador, soffriamo con il lirismo struggente di Come Sunday di Ellington, contempliamo l’essenzialità di Ode To Charlie Parker di Jaki Byard.
Nel complesso sono da ammirare, ovviamente oltre agli assoli e al sound di Eric Dolphy, stilisticamente inconfondibile con tutti i fiati con cui si esprime, la capacità di calibrare gli equilibri di band che, come in Burning Spears, raggiungono i dieci elementi (sebbene, come dimostrano le sue versioni solitarie di Love Me, basti il solo Dolphy a lasciarci senza fiato), il modernismo della libertà armonica coniugata con l’eredità del bop, l’articolazione delle dinamiche, la solidità della sezione ritmica. Inoltre, notevolissimo è il sodalizio con il contrabbasso di Richard Davis: si ascoltino in proposito le tre versioni di Alone Together e le già menzionate Come Sunday e Ode To Charlie Parker. Ma tutte le tracce sono importanti contributi alla storia del jazz. Non mi dispiace neppure A Personal Statement: l’effetto di solennità costruita del controtenore è per certi versi un po’ stucchevole, ma è ben contrastato dalle incursioni del contrabbasso e del piano e, soprattutto, dagli assoli del sax di Dolphy.

Voto: 10

Alessandro Bertinetto

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