Rory Cowal ‘Clusters: American Piano Explorations’

(New World Records 2018)

Lo sperimentalismo radicale americano e le possibilità inesplorate di un eclettico e imprevedibile music-making dal sapore accattivante e dai confini sfumati informano le otto composizioni per piano solo di ‘Clusters: American Piano Explorations’, edito per la New World Records. È già lo stesso titolo a suggerire in maniera incisiva il dispiegarsi, all’interno delle opere, dell’irresistibile volontà di spaziare fluidamente tra generi e stili tradizionali, arrivando a compiere ardite e legittime esplorazioni in pezzi mai precedentemente registrati, che affidano la propria complessa interpretazione alle ricercatezze espressive e alle prodezze pianistiche dell’ambizioso Rory Cowal, le cui performances manifestano chiaramente tutta la devozione nel ricreare e nel portare eroicamente alla luce l’eterogeneità di brani moderni, o meglio ultramoderni, la cui composizione si estende cronologicamente dal 1931 al 2018. Si scoprirà così come il brillante e irriverente impiego dei cosiddetti tone clusters – simultaneità dissonanti formate da toni adiacenti cromatici, teorizzati dall’ultramodernista Henry Cowell e realizzati coreograficamente mediante l’utilizzo del pugno, dell’avanbraccio e del palmo della mano – e le incredibili sonorità risultanti dalle influenze del contrappunto dissonante si riscontrino rispettivamente nelle sei brevi composizioni iniziali di Johanna Beyer, dal titolo Clusters, e in Reflection di Thomas Peterson, nella comune, animata ricerca di quella specifica adirezionalità, tutta atonale, di un linguaggio che nelle Variations in A di James Tenney assume il rigore metodologico di un procedimento geometrizzato, retto da codici aprioristicamente stabiliti. Si considerino poi le rimembranze strutturali dei preludi bachiani nell’Etudes Op.1, No.1 di Richard Abrams, la tendenza alla sommessa depauperazione del materiale sonoro in Kris Davis – già cara all’avanguardista Luciano Berio – la fresca e convincente cantabilità della Piano Sonata No.1 di Goode, la ricchezza di tecniche, registri espressivi ed idee musicali in David Malher.

Voto: 8

Elisa Draghessi

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