Danilo Gallo Dark Dry Tears ‘Thinking Beats Where Mind Dies’


(Parco della Musica Records 2016)

L’incipit misterioso di Boogeyman sfocia in un groove granitico che introduce l’ascoltatore nel mondo del bassista Danilo Gallo. Il musicista foggiano, classe 1972, insieme alla batteria di Jim Black e a Francesco Bearzatti e Francesco Bigoni (entrambi al sax tenore e al clarinetto), dà vita a un lavoro preciso e potente, che trova ispirazione nell’opera di Kathya West, cui si devono il concept dell’album e i titoli dei brani. In uno scenario inquieto e paranoico (si pensi al suono elettronico, come un allarme incessante, che segna il tempo in Day of Judgement) si muovono i fiati, di volta in volta lirici o sottilmente ironici (è il caso dell’arabesco che si alterna alle note puntate in Molekularni Vandalizem). Protagonista assoluta di Death of a Giant Pendulum Clock è la batteria, con le sue ricerche ritmiche e le sue improvvise impennate; il tempo, questa volta dispari, spezzato e riarticolato, è al centro anche di Paranoid Personal Disorder, in cui una sorta di drammaturgia rock è esaltata dagli interventi di una voce sussurrata e dolente. Le etichette qui lasciano il tempo che trovano: jazz, rock, punk, progressive, metal… la sapienza del quartetto sta nel produrre un lavoro di ampio respiro mobilitando numerose e diverse risorse con coerenza espressiva, permettendo che l’ascoltatore si immerga in un panorama angoscioso e desolato ma al tempo stesso magnetico e affascinante. Così ad esempio in The Flight of an Incubus, con un giro di basso assassino che inchioda l’orecchio alla cuffia. Discontinui e frammentari Thoughts in Pills agitano la mente che si sporge sull’abisso – un abisso che non ci stanchiamo di spiare.

Voto: 9

Stefano Oliva

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