Haxel Garbini ‘URI’

(Snowdonia/Audioglobe 2014)

Io e Haxel abbiamo in comune l’amore per l’acqua. Lui è riuscito, a differenza di me, a farla parlare attraverso un microfono speciale: uno stetoscopio. Poi si è spinto oltre, e ha voluto usare l’ambiente come amplificatore e distorsore naturale, suonando in prossimità, ad esempio, di tronchi cavi. Ne esce così un disco strumentale e folkloristicamente ambient tra chitarra, violino, distorsioni e suoni (uccelli che volano alle 5 del mattino) che nasce con l’intento di riprodurre i ricordi dei primi anni di vita seppur confusi e spesso immaginari. URI suona liquido, un recipiente di acqua torbida, avvolgente e oscura. Un bel lavoro, seppur con momenti di stallo (soprattutto nella parte centrale del disco), che per me trova la migliore espressione negli ultimi tre brani: Saponificazione , Dobbiamo scappare e Fai più male del bere.

Voto: 8

Rachele Paganelli

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