Micah P. Hinson Live


@ Teatro Leopardi, San Ginesio (MC) – Domenica 18 Maggio 2014

Di Rachele Paganelli                  foto home page Studio Immagine di David Fedeli

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Certe storie sono talmente incredibili da sembrare bugie. Questa storia (vera) si svolge tra il Texas e San Ginesio, i protagonisti sono Micah. P. Hinson e Il Teatro Leopardi (che sta portando avanti una bellissima stagione di concerti). San Ginesio è un piccolo e bellissimo paesino di provincia. Ci sono i sampietrini, un giardino con la vista mozzafiato, l’aria pura di montagna, vie strettissime, gli anziani al bar che bevono l’amaro, giocano a briscola e guardano la tv o in alternativa guardano con sospetto “quelli che non conoscono”. Micah invece è un giovane ragazzo di Memphis che passa la sua adolescenza in Texas e finisce troppo presto nei guai tra droga, amori sbagliati, carcere, vita di strada e depressione. Notato dagli Earlies riesce ad incidere il suo primo disco nel 2004, un lavoro pieno di rabbia, tristezza e frustrazione. La vita di Micah la senti tutta nella voce, così spezzata, roca e malinconica che accompagna la sua figura esile, quella di un ragazzo alto dai capelli ingellati, gli occhiali grandi e un gilet di jeans. Con altri quattro album inediti alle spalle e uno di cover dei suoi artisti preferiti (George Harrison, Frank Sinatra, Elvis ecc.) arriva nel 2014 con il suo ultimo album dopo tre lunghi anni di silenzio (colpa di un terribile incidente che stava per compromettere l’uso delle braccia): Micah P. Hinson and the Nothing. Ecco ciò che ci presenta al teatro Leopardi (un piccolo teatro delizioso con un’ottima acustica, strapieno per l’occasione): la setilist varia da On the way home (to Abilene),  la personale I ain’t moving, la cinica Same old shit, God is good (dove Micah precisa che nessuno, nemmeno lui, può sapere se Dio sia davvero buono ma che in fondo fa bene credere in qualcosa), la struggente A million light years, regalandoci un live tra il folk e il country dividendo il palco con sua moglie alla batteria e cori, tra chitarre ad alto volume con suoni ampi e dilatati, voce struggente e diretta, chitarre acustiche seguite da un bis completamente in acustico senza la presenza di un microfono. La cosa che più arriva di Micah è la sua umanità. La vedi nella rigidità dei movimenti, nei “Jesus fuckin’ Christ” che sussurra quando il cavo si intreccia, nelle richieste di volumi troppo alti, nella tenerezza con cui condivide il microfono con la moglie, nell’ironia dentro i commenti rivolti al pubblico o la sincerità dei complimenti per una location così bella. È un’anima rara, sensibile, con esperienze difficili sulle spalle ma con una grande dignità, un ragazzo che cerca di sopravvivere nel mondo creando il suo. Prima di lui  Dog Byron, il progetto del romano Max Trani, per l’occasione rivisto in versione acustica con il chitarrista Alessandro Marrosu ( “Ci sembrava adatta per l’atmosfera” mi ha detto poi Max) che ha accompagnato Micah in tour con il suo grunge ‘n folk diretto e potente arricchito dalla voce calda e roca dello stesso Trani (vi consiglio l’ultimo singolo Cool).
Sono uscita dal teatro piena di tante cose: buon cibo grazie all’aperitivo nel foyer del teatro, cultura grazie alle splendide visite organizzate dal comune e la voce di questo fantastico texano nel cuore grazie agli organizzatori (una bella collaborazione di “Promoters Uniti” delle Marche, Abruzzo e Umbria ). Tutto ciò dimostra solo una cosa: con tanta passione e lungimiranza si può portare la buona musica anche nell’entroterra marchigiano fino a poco tempo fa ignorato da tutti e soprattutto in paesini così piccoli e belli. E poi si sa: nella botte piccola c’è il vino buono.