Paolo Nori ‘La banda del formaggio’

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di Elisa Girotti

girosauro@gmail.com

Tutti i giorni leggo una frase di Swift “non giudicare un giorno da quello che hai raccolto ma da quello che hai seminato”. Nori dovrebbe fare tesoro di questa frase, grazie a questo insensato libercolo ha seminato molto. Mi ha fatto venire voglia di sapere se esiste la Guyana Belga, ad esempio, mi ha fatto venire voglia di scoprire chi fosse Giorgio Manganelli e mi ha fatto venire voglia di abbracciare mio papà.

Ovviamente Nori mi piace di più quando scrive saggi brevi ma questa volta, rispetto a “Grandi Ustionati”, “La banda del formaggio” ha un disegno più lineare, meno astruso. Il lungo racconto si snoda attraverso pochi personaggi ed un unico io narrante, Ermanno Baistrocchi, un anziano editore che si muove in bicicletta attraverso i ricordi della sua vita. Ora a me piace quando Nori con la scusa di parlare di qualcosa parla di qualcos’altro, tuttavia questa sua missione così gradevole nella lettura dei suoi saggi risulta sempre un poco destabilizzante quando si tratta di trame lunghe. Nel libro in questione, Baistrocchi vorrebbe parlarci di cosa è successo dopo la morte di Paride, il suo socio in affari, tuttavia va a finire che ci racconta della sua vita, di come è stata e di cosa gli sta succedendo, di come vede il mondo distorto dalla lente della sua età.

Come sempre armatevi di santa pazienza, per un po’ non ci si capisce un bel nulla, ma come è bello perdersi nei meandri di un racconto e come è bello ritrovarsi a pensare ed a scrivere proprio con lo stesso stile del libro che si sta leggendo. Se a Nori interessasse, gli direi che è uno scrittore empatico, infatti a me il suo stile mi entra in empatia e non riesco proprio più a staccarmene.

Link: Paolo Nori, La banda del formaggio, Milano, Marcos y Marcos, 2013