Andrea Rossi Andrea Intervista

 

 

 

Intervista di Gigi Sabelli ad Andrea Rossi Andrea in occasione della 55. Esposizione d’Arte Internazionale di Venezia. Con una presentazione di Marco Carcasi.

Presentazione di Marco Carcasi             Intervista a cura di Gigi Sabelli

grahgreen@yahoo.it

18/06/2013 Lasciate perdere ogni facile catalogazione con Andrea Rossi Andrea, l’indicazione file under (jazz, rock, pop, blob), non serve a nulla.
Perché la ciccia esposta nel corso degli anni, è materia elusiva, che penzola bellamente in quel territorio di mezzo, che incorpora sogno/incubo ed apparizioni non previste, che di fondo, ti ricollegano con tutto quel che forse, non vorresti mai accanto.
Ma la lente deformante attraverso cui, le corde di Andrea, intercettano filigrane di suoni/pensieri/immagini, ti mette ne più, ne meno, in crisi.
Mi piace l’ostinazione di quest’uomo, è chiaramente avvertibile la tensione che anima ogni singola azione, uno scuotimento, che ingloba performance/scultura e parola, con gli anni settanta che appaiono, ma sai, non esser quello il fulcro attorno cui gira l’universo creativo del nostro.
M’imbarazza la trasversalità del suo agire, fra alto e basso (in tutti i sensi), il suo peregrinare live desueto, dove s’incontrano esibizioni solitarie in librerie, gallerie d’arte leccatine e lui che vorticoso gira intorno alle opere esposte, palchi scalcagnati di pub con poster assurdi sulle pareti, frenesia esecutiva e ballerine che si schiantano al suolo, l’esser uno ed orchestra di se stesso.
La sua volontà di render accessibile, quasi in maniera tattile, l’essenza, il nocciolo (la sua produzione in dvd, è a dir poco stordente per enigmatica sovrapposizione espressiva).
Me lo immagino, l’Andrea, se avesse voluto, abbassando appena il suo tiro infernale, macinare date su date in giro per il mondo con i maggiori jazzisti contemporanei.
Ma non gli riesce proprio, di non esser quello che è.
Come dice lui, testuale ed indelebile, con pennarello su opera solida: Andrea Rossi Andrea artista mediocre Davvero.
Depistaggio ed aspra sensualità son tutt’uno.
Resta il fatto, che io, non vi devo spiegar proprio nulla.
Questo ha mangiato un pezzetto di luce di stella.
Non potete chiedergli, di non propagar luce intorno a sé.
Occhi, orecchie e mandibole spalancate, non necessariamente in quest’ordine.
L’esser vigili, non vi risparmierà.


                      NOISE – 55. Esposizione Internazionale d’Arte – la Biennale di Venezia

Gigi Sabelli intervista Andrea Rossi Andrea

 

(G.S.) Ho trovato il tuo intervento a Noise molto bello e temerario. Puoi descriverci gli elementi fisici che lo compongono?

 

(foto: l’apparato ground plane antenna montato nella sede di Noise prima dell’apertura della mostra, poi smontato e non esposto nella mostra stessa)

(A.R.A.) Il lavoro utilizza un micro-disegno di antenna ground plane su di un muro dello spazio espositivo, messo in luce da una piccola emissione di faro sagomato, più dieci didascalie con la stessa materia, forma, ingombro e grafia dei cartellini delle opere degli artisti in mostra. Tali didascalie, di differente visibilità, sono disseminate per l’intera area espositiva. Contengono parole legate all’errore, all’interferenza, al rumore. Sono parole provenienti da mie opere precedenti sottoposte ad una performance d’arte relazionale intercorsa fra me ed i due curatori dell’evento, Alessandro Carrer e Bruno Barsanti. All’esterno, inoltre, nello stendardo dell’esposizione dove sono presenti i nomi degli artisti, io sono segnalato come “Andrea Rossi Andrea”, mentre all’interno, nella lista corrispettiva, come “Andrea Rossi Andrea Ground Plane Antenna”. Per finire, ho lasciato il vero e proprio dispositivo tecnologico dell’antenna ground plane, smontato e non esposto.

 

Un lavoro tutt’altro che spettacolare, discretissimo, fatto di sottrazioni: sembra quasi sia l’opera stessa a guardare i disattenti. Qualcuno, conoscendoti per il musicista che sei, virtuoso del basso elettrico e del basso elettrico MIDI, magari si aspettava un intervento anche con il suono. Questo è un altro aspetto che amo del tuo modo di lavorare: l’essere imprevedibile, sorprendente, coraggioso.

L’opera  mi pare, felicemente, a basso costo: anche questo mi piace.

 

(foto: Andrea Rossi Andrea al lavoro con il pennarello nella propria installazione alla Biennale)

A bassissimo costo! Tutte le didascalie in mostra sono scritte a mano su materiali riciclati provenienti dagli scarti prodotti durante il riadattamento del luogo in spazio espositivo.

Ho disegnato l’antenna ground plane con una matita presa a prestito dagli allestitori e, qualche giorno dopo l’inaugurazione, sono tornato in sito ripassando le tracce di grafite con un pennarello usato portatomi da casa.

Il faro me lo ha procurato il gallerista Claudio Bottello, fra quelli “vecchi” già in suo possesso.

L’antenna-dispositivo “vero e proprio”, invece, è uno di quelli che ho installato nei contesti più diversi dove ho agito dagli anni Settanta ad oggi.

E sul contenuto delle didascalie, cosa mi dici?

 

(foto: Una delle Signal-to-Noise Ratio captions esposte in mostra: route poisoning (16=∞))

Ho nominato le stesse didascalie Signal-to-Noise captions, ispirandomi all’omonimo apparato.

Forse sarebbe interessante ripetere qui gli inchiostri di cui sono composte:

– route poisoning (16=∞)

– ADF ed errori ostativi

– squelch bias

– Bitcoin hamLog TVI SINPO

– Andrea Rossi Andrea Ground Plane Antenna, untitled, 1973-2013, ground plane antenna +10 Signal-to-Noise Ratio captions

– Standing Wave Ratio

– l33t

– hello, world

– Rapporto Onde Stazionarie?

– Unauthorized content

Cosa puoi dirmi ancora sulle date dell’opera 1973-2013? E’ un arco temporale piuttosto ampio!

 

(foto: Andrea Rossi Andrea all’opening di Noise)

Certo, di ininterrotto work-in-progress. L’ho dichiarato più volte: “sotto il profilo tecnico, ground plane antenna è un mezzo per irradiare e captare onde elettromagnetiche. Agli inizi degli anni Settanta, ragazzetto, ho installato sopra casa una antenna modello ground plane per CB (27 Mhz). Ho trascorso molto tempo sotto questa antenna ad ombrello, coltivando ogni genere di pensieri adolescenziali sul mondo”. Poi, nel 1973, ho ricevuto la prima QSL (cartolina di conferma di un mio avvenuto collegamento, in antenna ground plane, con un altro CB di Parigi) e nel 1974, quindicenne, ho fotografato l’installazione: la fotografia è stata con certezza, assieme all’installazione precedente e la QSL, uno dei miei primi lavori visivamente tangibili.

Questo tipo d’antenna mi ha da allora accompagnato senza interruzioni, sotto forme cangianti dei vari media e relazioni, attraverso pratiche di ibridazione e rapporti fra generi, luoghi, contesti, media, ruoli, linguaggi e via definendo.

 

Altro da aggiungere?

 

Vorrei esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che hanno reso questa mostra possibile.

 

Gigi Sabelli

(Gigi Sabelli è giornalista e critico musicale. Collabora con la rivista Musica Jazz e con Radio Rai).

 

5 giugno 2013

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