Spaccamombu Intervista

Quattro Chiacchiere Digitali con gli Spaccamombu.

Di Marco Paolucci

uccio12@hotmail.com

14/02/2013: Gli Spaccamombu sono una delle crasi che in natura riescono bene: fusione di due realtà, Paolo Spaccamonti e i Mombu, che hanno dato vita ad una formazione dedita alla macellazione sonora ed alla rimappatura del post metal nei nostri giorni. Dopo averli visti in un virtuosamente delirante, per fortuna, set al Terminal Club a Macerata, e dopo aver recensito il loro esordio qui, si è resa necessaria praticare la dotta arte delle Quattro Chiacchiere Digitali. Detto fatto, anzi scritto. I nostri hanno diligentemente risposto. Legenda: P = Paolo Spaccamonti, L = Luca Tommaso Mai, A = Antonio Zittarelli. Come sempre a voi i risultati:

1.     Da dove viene ognuno di voi? Come avete iniziato?

P: Arrivo da tanti gruppi sciolti… Ho iniziato come tutti, provando in varie band, ma non ha funzionato. Poi l’idea di mettermi “in proprio” ed eccomi qui.

L : Ho iniziato nel lontano 1997 con due baldi giovini che di fronte ad una vita disagiata sul litorale romano hanno deciso di buttarsi nella musica come unica valida via d’uscita. Cosi sono nati gli Zu. Quindici  anni e 2000 e passa concerti da allora.

A: Non voglio scrivere un curriculum né un’autobiografia. Credo però sia importante dire che le mie radici sono in un luogo dove la musica arrivava sempre in ritardo, le iniziative culturali erano pari a zero, e come se non bastasse il mio primo insegnante di batteria mi sconsigliava di andare a vedere concerti con batteristi diversi da lui.

Fortunatamente le mie “cattive” amicizie mi hanno portato presto su brutte strade facendomi conoscere la musica per persone strane, troppo difficile!!!

Ecco io vengo da un ben  posto di merda dove ora la fa da padrona la camorra, ma tanto prima o poi si ammazzeranno da soli e io li guarderò come Terence Hill mangiando una bella padella di fagioli…

 

2.     Come vi è venuta l’idea di formare questa band?

P: L’idea in realtà è arrivata da Frank Alloa della Goat Man. Ci ha proposto una session di due giorni per la collana “In the Kennel” che nel primo volume  aveva ospitato “La Moncada” e i “Gentlesse3”.  Senza esserci mai visti e parlati, siamo stati rinchiusi nel Blue Record Studio di Mondovì per due giorni. Il risultato delle sessioni è finito su disco.

L: Dice bene Paolo. Ma si scorda di dire per modestia che se lui non avesse controproposto i Mombu il signor Goatman alias Frank Alloa gli avrebbe  propinato Emma Marrone.

A:…Non mi è venuta!!!

 

3.     Quali sono state le vostre influenze?

P: Ognuno di noi ha ascolti ben diversi ma l’influenza comune, che in qualche modo ci ha unito durante le registrazioni, è stata indubbiamente quella dei Black Sabbath.

L: Sono molteplici ma a riguardo di Spaccamombu: Black Sabbath sopra tutti, Sun Ra e poi molta psichedelia.

A: Mi alternavo tra marcette americane e punk. La vera svolta nella mia testa sono stati i Naked City con i quali ho compreso che dovevo dedicarmi in modo più serio allo studio dello strumento. Quindi da li in poi lo studio del jazz e chi più ne ha più ne metta!!

 

4.     L’aver due situazioni ben definite in partenza, Paolo Spaccamonti e Mombu, ha avuto qualche influenza?

P: Per me nessuna. Mi sono messo a totale disposizione dei brani, senza pensare ad altro.

L: No anzi, per quel che mi riguarda il poter lavorare con una chitarra è stato solo che di grande ispirazione e come dicevamo prima il fatto di avere come faro Tony Iommi non ha fatto altro che facilitare l’amalgama…

A: Quello che abbiamo fatto è stato conoscerci il più velocemente possibile per tirare fuori un prodotto che potesse rispecchiare le personalità dei rispettivi progetti e quella dei singoli individui… e questa pratica non si fa parlando di musica ma bensì di cibo!!! Ah ah ah ah ah ah ah!!!

5.     Come create i vostri brani? Qual è il vostro rapporto con lo studio di registrazione?

P: I brani sono partiti principalmente da bozze di Luca (e nel caso di Assuafais di Antonio) che abbiamo poi levigato e triturato insieme. Non c’era tempo per pensare.  Altar of Iommi ad es. è venuta fuori così come la senti, l’abbiamo praticamente provata mentre la registravamo.

L: E’ stato bello lavorare  con il pepe ar culo, come si dice a Roma, perché ti pone in una situazione di “emergenza” che sprona a visualizzare il lavoro nei suoi contenuti essenziali  e lavorare al Blue Recording Studio, con materiale analogico di gran pregio e con Manu Moccia, svelto di comprendonio specialmente in una situazione del genere…

A: Si ricrea un’idea comune e la si sviluppa. Per quanto riguarda lo studio di registrazione io non vedo l’ora di finire, sono tossico di live.

6.     Come mai la scelta del vinile in aggiunta al classico formato in cd per la vostra “opera prima”?

P: Inizialmente doveva essere stampato solamente in cd, ma il buon risultato delle session ha spinto Frank nella direzione del vinile.

L: Abbiamo anche pensato che un lavoro del genere, registrato in uno studio del genere in maniera analogica su nastro, se fosse uscito solo in cd sarebbe stato monco in una delle sue parti. Il vinile ha una resa e una pasta sonora che un cd non potrà mai raggiungere.

A: In principio la Goat Man Records voleva produrre un cd ma il prodotto è piaciuto molto a tutti chiamando quasi immediatamente in causa l’opzione del vinile e io personalmente diciamo che so essere molto insistente, sia con me stesso che con gli altri.

7.     Con chi altri vorreste collaborare?

P: Per quanto mi riguarda, sono sempre aperto a collaborazioni, di vario tipo. L’hip hop ad es. è un genere che mi piacerebbe esplorare. In passato ho avuto modo di collaborare con il migliore di tutti, Dj Gruff. Purtroppo però, il progetto in questione (Sinfonaito) è imploso e non ne è rimasto nulla, se non brani sparsi in rete.

L: Vorrei riuscire a costruire Mombu come l’abbiamo pensato quando era in via di concepimento e cioè con 5 o 6 percussionisti, chitarra, basso, trombone e voce.

A: Troisi disse che mentre leggeva migliaia di scrittori stavano scrivendo, e che pur volendo non ce l’avrebbe fatta mai a leggerli tutti…

8.     Come vedete la scena live italiana e quella internazionale, anche a livello di spazi per suonare la vostra musica?

L: Questa è una domanda che ricorre spesso in questi ultimi anni, specialmente in quello passato (2012). Potrei farti un elenco di quello che va e non va e i motivi legati ad essi, ma rimane il fatto che è in atto quella che negli anni ’70 veniva definita una controrivoluzione. Oggi si usa un eufemismo per indorare la pillola come la parola controtendenza. Ma sono convinto che il problema sia nella musica suonata dal vivo e cioè: la musica è un veicolo di conoscenza molto forte sia a livello emozionale, che a livello di fisica. La musica, ma a  livello un po’ più specifico, l’insieme di suoni o frequenze, sono in grado di cambiarci a livello neuronale, in quanto tali vibrazioni creando  forme d’onda ben specifiche entrano in risonanza con il corpo umano e i suoi organi, andando a creare dei pensieri e cioè altre forme d’onda. Se siamo qua a scrivere e leggere di musica o di certa musica, sappiamo quanto sono stati importanti per noi musicisti e canzoni, che ci hanno illuminato su qualcosa  o ci hanno portato a fare delle scelte consapevoli nella nostra vita. Tutto questo, trasportato in una dimensione live acquisisce ancora maggiore ampiezza e, con un gioco di parole, si amplifica, cosicché otteniamo delle nuove conoscenze. Ora, volere che tutti abbiano una propria mente pensante, con una capacità di discernimento indipendente, o quasi, non è quello che desiderano coloro che stanno in cima alla piramide del potere. Questa è una strategia in atto da tempo, e lo si capisce dall’affluenza ai live, cioè ai live diciamo underground, perché a vedere quelli di Zucchero Plagio Fornaciari pare di no. Quanto ricambio generazionale c’è ai live? Ben poca cosa. Quanto ce ne è ai live party di “musica elettronica”?  Una forbice pazzesca. E questo si spiega sempre  guardando alle frequenze: le frequenze generate dagli strumenti elettronici al contrario di quelle formate da strumenti “analogici” hanno una gamma di armoniche ben definite e scarne, totalmente prive di anarmoniche, di frequenze formanti e  di quell’energia o magia che viene impressa dal musicista. E allora mi chiedo, per chiudere il discorso, chi decide che Skrillex è un genio? Chi stabilisce che l’ammorbamento quotidiano avvenga con Rhianna, Lady Gaga, Jay Z e Beyonce? Perché esistono i Negroamaro? Non ce l’ho con la musica elettronica, ma, e qui sta il punto, con chi decide cosa deve rientrare nei miei gusti, con chi vuole modellarmi per soddisfare i consumi e non le mie e altrui esigenze. Sicuramente ce l’ho con chi da centomila euro di cachet ai Modà o ad Antonello Venditti, questo si. Se si ridistribuisse la ricchezza in maniera più equa non staremmo qua a disquisirne.

A: In Italia c’è gente che resiste e che si sbatte in difesa della cultura e soprattutto della vera contemporaneità, e spesso lo fa contando sulle proprie forze, costretti quindi ad una privatizzazione della cultura. Probabilmente questa mia affermazione la capirà solo chi già ne ha la piena coscienza… Per l’estero le cose sono diverse (non per tutti), lo stato in primis favorisce i progetti culturali delle piccole e grandi organizzazioni rendendo possibile una crescita del paese intesa come educazione che sia musicale o altro; detto questo a voi il voto…

 

9.     Progetti futuri?

P: Con Spaccamombu, l’idea è di andare avanti, sia dal vivo che in studio.

Per quanto riguarda invece il mio progetto solista, a marzo dovrebbe uscire uno split in condivisione con Stefano Pilia, e ne sono molto felice, visto che lo reputo uno dei migliori chitarristi in circolazione. Oltre a questo, in primavera curerò la sonorizzazione di un film muto per il Museo del Cinema di Torino

L: A fine Febbraio uscirà il nuovo disco dei Mombu sempre per Subsound Records. Sarà, per dirla con un francesismo, una bella mattonata in faccia. A Giugno invece entreremo in studio per registrare il nuovo Spaccamombu. Faremo un disco dove uniremo la musica suonata a 432 hertz  con la disciplina antichissima della psiconautica, usando enteogeni  come coadiuvanti nella ricerca  musicale al fine di trovare una giusta sintesi fra i Black Sabbath e la Sun Ra Myth Science Arkestra.

A: La conquista della dignità dell’uomo.

 

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